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Imprevedibile, incantata e rivelatrice. Quest'opera prima di una giovane cantautrice, attrice, ora pure regista, italiana, costituisce una delle sorprese più rallegrant di una stagione cinematografica che, se è sembrata rinfrancarsi dopo le vicissitudini imposte dal virus, si è ripresa grazie al dinamismo d'indomabili ottantenni, i Wenders, Kaurismaki, Scorsese , Spielberg, Miyazaki, Loach e via dicendo.
A prima vista, GLORIA! ci appare come qualcosa ad alto rischio lacrimoso che ci potrebbe comprensibilmente lasciare indifferenti. A quella storia ad alto rischio lacrimoso ambientata alla fine del Settecento quando a Venezia si è in spasimante attesa di un avvenimento insolito. Reduce dal conclave, Il nuovo Papa Pio VII visiterà infatti le chiese veneziane; e fra queste, il fatiscente orfanotrofio femminile Sant'Ignazio, dove gli verrà dedicato un concerto.
La trentaseienne Margherita Vicario, lo si comprende subito, ci illustra però con delle immagini cinematografiche spesso sapienti tutt'altra faccenda. Quella di Teresa, a torto (come vedremo) chiamata La Muta; una giovane domestica considerata da quasi tutti La Serva, confinata com'è nei bassofondi fra i topi. Andava forse chiamarla La Maga, quando Teresa scopriva, fra la polvere e gli stracci di tanta sottocultura storica, lo strumento nascosto. Quello che trasformerà, anticipando allegramente (grazie ad una sceneggiatura a dir poco sorprendente firmata ancora Vicario assieme ad Anita Rivaroli ) il tutto di un buon secolo. La musica, assieme alla presa di coscienza di quell'assieme di solari femministe. In un mondo inedito, come in un musical dagli echi più che concreti di blues, jazz e pop. Tutto a dispetto del sistema imperante, condensato da un Don Perlina direttore dell'istituto, mirabilmente interpretato da Paolo Rossi, nelle vesti di un compositore blasonato ma ahimè in più che perversa crisi d'ispirazione.
GLORIA! non è un film perfetto, certe situazioni arrischiano di sgonfiarsi prima di riuscire ad amalgamarsi. Ma è proprio della sua freschezza anacronistica che riesce a nutrirsi, della sua spregiudicata ma quanto armoniosa e godibile sete di libertà, che è poi quella delle sue protagoniste.
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Unpredictable, enchanting and revelatory. This debut work by a young Italian singer-songwriter, actress, now also director, constitutes one of the most cheering surprises of a film season that, if it seemed to be refreshed after the vicissitudes imposed by the virus, has recovered thanks to the dynamism of indomitable octogenarians, the Wenders, Kaurismaki, Scorsese , Spielberg, Miyazaki, Loach and so on...
At first glance, GLORIA! then appears to us as something at high risk of tears, which might understandably leave us indifferent. Set at the end of the eighteenth century when people in Venice were eagerly awaiting an unusual event: fresh from the conclave, The new Pope Pius VII would in fact visit Venetian churches. Among them was the dilapidated Sant'Ignazio girls' orphanage, which even dedicated a concert to him.
Thirty-six-year-old Margherita Vicario, we quickly understand, illustrates us, however, with an often skillful use of cinematic procedures an entirely different matter. That of Teresa, wrongly (as we will soon see) called La Muta; a young maid considered by almost everyone to be La Serva, confined as she is in the slums in disfacimrnto among the rats. She should perhaps have been called La Maga, when Teresa discovered, among the dust and rags of so much historical subculture, the hidden tool. What it will transform, cheerfully anticipating (thanks to a screenplay that is, to say the least, astonishing signed again by Vicario together with Anita Rivaroli ) the whole thing by a good century. The music, along with the awareness of that set of feminist suns. In an unprecedented world, as in a musical with more than concrete echoes of blues, jazz and pop. All in defiance of the prevailing system, condensed by a Don Perlina director of the institute, admirably played by Paolo Rossi, in the guise of an emblazoned but alas in more than perverse crisis of inspiration composer.
GLORIA! is not a perfect film; certain situations risk deflating before they can come together. But it is precisely its anachronistic freshness that it manages to feed on, its unscrupulous but as much as harmonious thirst for freedom, which is then that of its protagonists.
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