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FLAVIO PAOLUCCI. DA GUELMIM A BIASCA Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 11 febbraio 2024
 
di Villi Hermann, documentario (Svizzera, 2024)
 

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I documentari di Villi Hermann nascono oggi dalla visione di un cineasta ottantaduenne. Le opere di Flavio Paolucci, quelle di grande dimensioni che compaiono sui muri dell'atelier, come altre di modesta misura quando vengono sottratte da una Natura da sempre condivisa, nascono da un artista novantenne. Ed è proprio il fascino di questo incrocio ad illuminare ora ogni fotogramma di FLAVIO PAOLUCCI. DA GUELMIM A BIASCA.

Villi Hermann non rinuncia ancora ad evolvere, poiché da sempre per lui questo significa interrogarsi. Affinando sempre i propri procedimenti, l'attenzione costante per lo sfondo, la simbiosi così istintiva con gli ambienti. Quelli che, come sempre nel cinema e nel gesto artistico in genere, costituiscono il referente  per collegare personaggi, vicende, riflessioni alla vita.

Oggi ancora, nel suo incontro con l'intervento così personale nella forte discrezione  creativa di Flavio Paolucci gli riesce allora di rinnovarsi. Senza per questo abdicare alla vivacità del proprio sguardo aprendosi oltre l'orticello di casa sua: quello del ginevrino Jean Mohr, in Giappone al seguito dell'Orchestre de la Suisse Romande nel 1992, del luganese Christian Schiefer nell'indagine di  MUSSOLINI CHURCHILL E CARTOLINE del 2003, con il franco-ticinese Jean-Pierre Pedrazzini di Paris-Match in PEDRA, REPORTER SENZA FRONTIERE nel 2006. O, nel 2009, l'affascinante itinerario cinese accanto ad Andreas Seibert di FROM SOMEWHERE TO NOWHERE.

Non a caso, Hermann smuove ora la delicata, irrinunciabile ritrosia espressiva di Paolucci, appoggiandosi cinematograficamente alla collaborazione di quanto di meglio propone chi gli sta accanto. Al peso poetico della cinepresa e degli interventi al montaggio di Alberto Meroni, l'originalità e la qualità delle scelte musicali di Zeno Gabaglio, il sound design di Marco Viale.

Le immagini allora splendono,  l'universo di Paolucci e Hermann sembra liberarsi  progressivamente dalla cronaca per farsi identificazione degli autori con il soggetto. Ricerca di un Eden, di uno spazio privilegiato di purezza e comunicazione sospeso nel tempo.

* Vogliate p.f. cliccare su www.filmselezione.ch per la lettura completa della raccolta di critiche cinematografiche FILMSELEZIONE di Fabio Fumagalli

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Villi Hermann's documentaries are born today from the vision of an 82-year-old filmmaker. Flavio Paolucci's works, those of large dimensions that appear on the walls of the atelier, as well as others of modest size when taken from a Nature that has always been shared, are born from a 90-year-old artist. And it is precisely the fascination of this intersection that now illuminates every frame of FLAVIO PAOLUCCI's work. FROM GUELMIM TO BIASCA.

Villi Hermann still does not give up evolving, because for him, this has always meant questioning. Always refining his processes, the constant attention to the background, the symbiosis so instinctively with the environments. Those that, as always in cinema and in the artistic gesture in general, constitute the referent to connect characters, events, reflections to life.

Today again, in his encounter with Flavio Paolucci's so personal intervention in the strong creative discretion, he then manages to renew himself. Without for this reason abdicating the liveliness of his own gaze by opening up beyond his own backyard: that of the Geneva-born Jean Mohr, in Japan with the Orchestre de la Suisse Romande in 1992, of Lugano-born Christian Schiefer in MUSSOLINI CHURCHILL AND CARTOLINE in 2003, with Paris-Match's Jean-Pierre Pedrazzini in PEDRA, REPORTER WITHOUT FRONTIERS in 2006. Or, in 2009, the fascinating Chinese itinerary alongside Andreas Seibert in FROM SOMEWHERE TO NOWHERE.

It is no coincidence that Hermann now shakes off Paolucci's delicate, unwavering expressive reluctance, cinematically relying on the collaboration of the best of those around him. To the poetic weight of Alberto Meroni's camera and editing interventions, the originality and quality of Zeno Gabaglio's musical choices, and Marco Viale's sound design.The images then shine, the universe of Paolucci and Hermann seems to gradually free itself from the chronicle to become identification of the authors with the subject. A search for an Eden, a privileged space of purity and communication suspended in time.

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