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Su una professione dove chi sta al timone di una imponente quanto fragile navicella sulla quale si scontrano direttori di produzione e sceneggiatori, attori e direttori della fotografia, scenografi, montatori e via dicendo non si dovrebbe scommettere più di tanto.
Prendete uno come Luca Giadagnino. Ventitré anni fa inventa un oggetto che definimmo particolare, IO SONO L'AMORE, esercizio ambizioso e contraddittorio, talentuoso, quanto a tratti insopportabilmente auto-compiaciuto. Complice il clamoroso successo nelle sale americane e anglosassoni, nasce subito un problema: a rappresentare l'Italia agli Oscar la Commissione ha scelto LA PRIMA COSA BELLA di Paolo Virzi`...S'insorge allora Guadagnino: Il mio film ha incassato 5 milioni di dollari negli Stati Uniti, terzo fra i film non in inglese. Di seguito, altri 30 premi e una nomination ai Golden Globes...
Ditirambici, New York Times e compagni parlano allora di un Luchino Visconti. Forse perché IO SONO L'AMORE è una storia milanese, girata nella cornice esteticamente sontuosa della ricca borghesia, a pochi passi da dove ha vissuto il grande maestro. Ma la sceneggiatura è inconcludente, Tilda Swinton al solito sublime, ma di una sensualità condizionata (in parte...) da un accento russo che toglie qualcosa al suo meraviglioso aplomb "british",
Ecco allora un film raffinato nelle immagini, grandiloquente nel messaggio come nelle musiche, disordinato nel montaggio. Ma, quasi a giustificare la forse misera stelletta e mezza di Filmselezione, testimonianza del talento del cuoco, a difetto della sua ingordigia
2017: le stellette sono diventate due e mezza. CHIAMAMI COL TUO NOME è un film sull’estate della campagna nel Nord Italia, sul tempo dei sentimenti e del desiderio. Timothée Chalamet è impeccabile, e l'estate del 1983 è pure quella dei Craxi, Grillo e Loredana Berté, ma solo dietro le quinte. Nel film, per certi versi sorprendente, in primo piano ci sono i grilli e le cicale, l’afa delle strade deserte da percorrere in bicicletta, fra i prati assolati attorno a Crema. Servono i ruscelli, Ma anche solo le pozze nelle quali sguazzare in compagnia. Un po' tante, un po' troppo di spesso; come varie cose in questo film prolungato. Ma ispirato. Guadagnino, si comincia a dire, gira in inglese, con attori americani, E sappiamo quanto la sua ambizione estetica sia stata a lungo vista con sospetto. Quanto la sua vena, volentieri etichettata come borghese: alla Visconti, alla Pasolini, ma banalmente: O un po' alla maniera di Bertolucci ,che girava con gli adolescenti fra le vigne del Chianti di IO BALLO DA SOLA..
2024: Guadagnino continua a stupire; tanto che le stellette per CHALLENGERS sono diventate tre e mezza. Lo sfondo è diventato quello dei tornei di tennis. Per poterli filmare, com'è giusto che sia, affinché assumano significati non soltanto muscolari. Per sbizzarrirsi in quel triangolo dalle incertezze una volta ancora altrettanto psicologiche che sensuali. Il tennis è come il sesso, e viceversa: una serie d'incontri feroci, all'interno delle quali sempre si affermeranno dei vincitori e dei perdenti.
Art il campione (Mike Faist) deve provare a vincere lo US Open che ancora gli sfugge. Patrick (Josh O'Connor) era sulla buona strada, ma si è perso in tornei di secondo ordine. I due erano amici, andavano alla stessa scuola. Ecco che ora, s'imbattono nuovamene in una Tashi (Zendaya) giovanissima, affascinante tennista che ha dovuto abbandonare la competizione a causa di un incidente. E' moglie e manager di Art, ma la vita è fatta di quei triangoli. Il caso (?) ha fatto poi si che Tashi sia stata la ex ragazza di Patrick.
CHALLENGERS si trasforma allora in una sfida erotico-sentimentale. Che lo sguardo di Guadagnino, sovraposto allo splendido magnetismo di Zendaya, traducono in una incandescenza iperrealista. Trascende, questa, tutti gli abbracci sfuggiti, gli sguardi incerti: nella determinazione di una racchetta, o i capricci di una palla da tennis.
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On a profession where those at the helm of an imposing yet fragile ship on which production directors and screenwriters, actors and cinematographers, set designers, editors and so on collide, one should not bet too much.
Take someone like Luca Giadagnino. Twenty-three years ago he invented an object we called peculiar, IO SONO L'AMORE, an ambitious and contradictory exercise, as talented as it was at times unbearably self-congratulatory. Accompanied by its resounding success in American and Anglo-Saxon theaters, a problem immediately arises: to represent Italy at the Oscars, the Commission chose Paolo Virzi`s THE FIRST BEAUTIFUL THING... Guadagnino riots, My film grossed $5 million in the United States, third among non-English films. It followed up with 30 more awards and a Golden Globes nomination...
Dithyrambics, New York Times and comrades then speak of a Luchino Visconti. Perhaps it is because IO SONO L'AMORE is a Milanese story, shot in the aesthetically sumptuous setting of the wealthy bourgeoisie, a stone's throw from where the great master lived. But the script is inconclusive, Tilda Swinton is as usual sublime, of a sensuality conditioned by a Russian accent that takes something away from her wonderful “British” aplomb,
It will then be a film refined in its images, grandiloquent in its message and music, messy in its editing. But, as if to justify Filmselection's perhaps paltry one-and-a-half stars, a testament to the chef's talent, to the fault of his gluttony
In 2017, the stars became two and a half. CALL ME BY YOUR NAME is a film about a country summer in northern Italy, about the time of feelings and desire. Timothée Chalamet is impeccable, and the summer of 1983 is also that of Craxi, Grillo and Loredana Berté, but only behind the scenes. In the film, surprising in some ways, in the foreground are the crickets and cicadas, the sultriness of deserted roads to ride bicycles, among the sunny meadows around Crema. Streams are needed, But also just the puddles in which to splash in company. A little too many, a little too often; like various things in this prolonged film. But inspired.
Guadagnino, it was beginning to be said, shoots in English, with American actors; and we know how his aesthetic ambition has long been viewed with suspicion At least as much as his vein, willingly labeled as bourgeois. In the manner of Visconti, in the manner of Pasolini, but trivially: Or, as here, somewhat in the manner of Bertolucci shooting with teenagers among the Chianti vineyards of IO BALLO DA SOLA..
2024, and Guadagnino continues to amaze, so much so that the stars for CHALLENGERS became three and a half. The background became that of tennis tournaments. So that they can be filmed, as they should be, so that they take on meanings that are not just muscular. To indulge in a triangle with uncertainties once again as much psychological as sensual. Tennis is like sex, and vice versa. .As the film's images repeat to us, a series of fierce and combative encounters, within which there will always be winners and losers.
Art the champion (Mike Faist) must try to win the U.S. Open that still eludes him. Patrick (Josh O'Connor) was on the right track, but lost in second-rate tournaments. The two were friends, going to the same school. Now, they cross paths in Tashi (Zendaya) very young, charming tennis player who had to drop out of competition because of an accident. She is Art's wife and manager, but life is that triangle. And chance (?) has it that Tashi was Patrick's ex-girlfriend.
CHALLENGERS then turns into an erotic-sentimental romp that Guadagnino's gaze, as well as Zendaya's splendid magnetism, translate into a hyperrealist incandescence. That transcends all the elusive hugs and uncertain glances into the determination of a racket, the whims of a tennis ball.
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