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QUI RIDO IO Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 14 ottobre 2022
 
di Mario Martone, con Toni Servillo, Maria Nazionale, Cristiana Dell'Anna, Antonia Truppo, Eduardo Scarpetta (FOR ENGLISH VERSION SEE BELOW) (Italia, 2021)
 

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Artista prezioso, per molti aspetti unico sulla scena italiana, dapprima nell’avanguardia teatrale, quindi nel cinema, non esattamente prolisso, sempre raffinato. A partire dal 1992 di Morte di un matematico italiano Mario Martone scava nella sua Napoli, e ancora tre anni dopo, in L'amore molesto. Ritorna quindi sui palcoscenici operistici, prima di indagare nel 2010 come pochi il Risorgimento italiano in Noi credevamo.

Quattro anni dopo, si confronta con la la figura così difficile da circoscrivere di Giacomo Leopardi, traducendo la prosa filosofica e radicale delle Operette morali. Martone percorre allora gli ardui itinerari leopardiani visualizzandoli, anche un po’ didatticamente, da “L’infinito” in apertura a “La ginestra” della conclusione. I rischi dell’operazione gli erano noti: tanto da fargli premettere di non volere ricadere nel biopic sul poeta triste e malinconico.

Nel 2017 mette in scena Andrea Chénier alla Scala; e nel 2019 è la volta del Falstaff verdiano diretto da Baremboin all'Opera di Berlino. Trovando il tempo per ritornare una volta ancora al cinema con Il sindaco del Rione Sanita'  tratto dallo spettacolo teatrale di Eduardo De Filippo.  

Solo due anni dopo Qui rido io è di nuovo alla Mostra di Venezia 2021: Martone ritrova i De Filippo e la sua  Napoli, e l'incontro è ancora tra quelli che rimangono impressi per sempre. Protagonista è allora Eduardo Scarpetta, il più grande autore ed attore del teatro a partire dalla fine dell'Ottocento; anche sei è impossibile non premettere Toni Servillo, mostruoso qui nel raffigurarlo. Scarpetta da l'avvio a una sorta di dinastia, in quanto capostipite di Eduardo, Peppino e Titina De Filippo. Ma non solo: di una famiglia che si allarga smisuratamente nella realtà fisica come nelle risonanze del palcoscenico napoletano. Un illimitato intreccio esistenziale solo talvolta legittimo, ma che finirà per illuminare la storia culturale del proprio Paese.

Martone ricuce questo intreccio dirompente fra commedia e tragedia grazie a un senso dell'organizzazione drammatica che non gli ha mai fatto difetto. Il teatro e la famiglia, ambedue due esasperati, si ritrovano organizzati sotto la cupola di una sceneggiatura e una visione registica attenta ad ogni dettaglio. Cinema e teatro, realtà ed invenzione si vedono allora esaltati a vicenda. L'uso preponderante di un non evidente dialetto partenopeo finisce paradossalmente per imporsi come elemento di fusione. Mentre una volta ancora la fotografia del fedele Renato Berta arricchisce la sontuosa collana delle partecipazioni del ticinese al cinema d'autore.   

Nel film come nella vita, Scarpetta si lascerà andare, concedendosi il piacere d'ironizzare su La figlia di Iorio di Gabriele d'Annunzio. Ma si trattò di un plagio pure questo d'autore.

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Precious artist, in many ways unique on the Italian scene, first in avant-garde theatre, then in cinema, not exactly verbose, always refined. Starting in 1992 with Morte di un matematico italiano Mario Martone delves into his Naples, and again three years later in L'amore molesto. He then returned to the opera stage, before investigating the Italian Risorgimento like few others in 2010 in Noi credevamo.

Four years later, he tackled the hard-to-circumscribe figure of Giacomo Leopardi, translating the philosophical and radical prose of the Operette morali. Martone then traverses Leopardi's arduous itineraries visualising them, even a little didactically, from "L'infinito" in the opening to "La ginestra" in the conclusion. The risks of the operation were well known to him: so much so that he said he did not want to relapse into a biopic on the sad and melancholic poet.

In 2017 he staged Andrea Chénier at La Scala; and in 2019 it was the turn of Verdi's Falstaff conducted by Baremboin at the Berlin Opera. He found time to return once again to the cinema with Il sindaco del Rione Sanita' based on the play by Eduardo De Filippo.  

Only two years later Qui rido io is again at the Venice Film Festival 2021: Martone finds the De Filippo and his Naples again, and the encounter is still among those that remain forever imprinted. The protagonist is then Eduardo Scarpetta, the greatest playwright and actor of the theatre since the end of the 19th century; even if you are, it is impossible not to premise Toni Servillo, monstrous here in portraying him. Scarpetta started a dynasty of sorts, as the progenitor of Eduardo, Peppino and Titina De Filippo. But not only that: of a family that expands immeasurably in physical reality as in the resonances of the Neapolitan stage. An unlimited existential interweaving that is only sometimes legitimate, but which will end up illuminating the cultural history of their country.

Martone stitches together this disruptive weave between comedy and tragedy thanks to a sense of dramatic organisation that has never failed him. Theatre and family, both exasperated, find themselves organised under the dome of a script and a directorial vision that is attentive to every detail. Cinema and theatre, reality and invention are then mutually exalted. The preponderant use of a non-obvious Neapolitan dialect paradoxically ends up imposing itself as an element of fusion. While once again the cinematography of the faithful Renato Berta enriches the sumptuous collection of Ticino's participation in auteur cinema.   

In the film as in life, Scarpetta let himself go, indulging in the pleasure of ironising La figlia di Iorio by Gabriele d'Annunzio. But this too was an auteur plagiarism.

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