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Di Edward Snowden sappiamo tutto e niente. Qualcosa in più grazie a CITIZENFOUR, il "documentario" che Laura Poitras ( al suo secondo film, e ormai sotto sorveglianza del Dipartimento della Sicurezza Interna americana) ha girato in larga parte in tempo reale nella stanza d'albergo di Hong Kong. Dove incontrava, in un allucinante segreto, l'ex tecnico della CIA, nonché consulente informatico ai massimi livelli della National Security Agency. Non conosciamo proprio tutto: però il fascino, l'interesse nel ruolo del cinema in bilico tra informazione e creazione, verità e manipolazione, documento e invenzione risiede proprio in quella zona d'ombra.
Esattamente a due anni di distanza dalle prime rivelazioni di Snowden sulla sorveglianza di massa alla cineasta americana e al giornalista Glenn Greenwald che aprirà le porte di Guardian, New York Times, Washington Post, Spiegel, oggi Amnesty International può affermare: " Grazie a Edward Snowden milioni di persone normali sono informate del fatto che nemmeno i loro segreti più intimi sono al sicuro da governi impiccioni. La posizione di gruppi di esperti nazionali e internazionali è inequivocabile: la sorveglianza di massa delle comunicazioni è una violazione dei diritti umani. E' giunta l'ora per i governi di riformare i propri programmi di sorveglianza di massa indiscriminata. La legittimità di queste pratiche di sorveglianza di massa rappresenta una violazione dei diritti umani e delle leggi internazionali. La sorveglianza di massa deve essere smantellata e sostituita con un sistema mirato, di misure che rispettino i diritti umani." CITIZENFOUR conduce ovviamente alle medesime conclusioni, ma lo fa in un modo del tutto particolare, cinematografico certo, ma di un cinema documentaristico che sempre più sembra privilegiare la fusione fra il reportage la fiction, le prerogative di evidenza del primo sommate alle libertà emotive concesse dalla seconda.
Documento clamorosamente esplicito (anche se a tratti non proprio facilissimo da decifrare) risulta allora quel lungo incontro, fisico, incredibilmente attuale eppure datato, tutto teso a scovare le tracce minime dell'emozione che traspaiono dalla mimica del pur temerario protagonista. Ma squisitamente di finzione è il clima che la cineasta riesce a introdurre, claustrofobico, progressivamente sempre più (comprensibilmente...) paranoico, giustamente definito hitchcokiano. La zona d'ombra è lungi dall'arrendersi alla piena luce: su una riflessione generale,sull'eventuale esigenza di un controllo del genere in era ormai sguaiatamente globale, sul ruolo più o meno esplicito degli Stati Uniti o quello della buona fede della protezione concessa dalla Russia. Ma se CITIZENFOUR si è imposto con tanta energia al mondo da trionfare come Oscar del Miglior Documentario è perché riesce a mostrare il volto di questi drammatici interrogativi. Attraverso il viso e le espressioni pulite di Snowden, la sua determinazione, quella che lo fa apparire come un cavaliere antico ma tanto giovane da riuscire pure dell'humour nei confronti dei giganti minacciosi che lo circondano.
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We know everything and nothing about Edward Snowden. Something more thanks to CITIZENFOUR, the 'documentary' that Laura Poitras (in her second film, and now under surveillance by the US Department of Homeland Security) shot largely in real time in her Hong Kong hotel room. Where she met, in a hallucinating secrecy, the former CIA technician and top-level computer consultant to the National Security Agency. We don't really know everything, but the fascination, the interest in the role of cinema in the balance between information and creation, truth and manipulation, document and invention lies precisely in that grey area.
Exactly two years after Snowden's first revelations about mass surveillance to the American filmmaker and journalist Glenn Greenwald, who opened the doors of the Guardian, New York Times, Washington Post, Spiegel, today Amnesty International can say: "Thanks to Edward Snowden, millions of ordinary people are informed that not even their most intimate secrets are safe from meddling governments. The position of national and international expert groups is unequivocal: mass surveillance of communications is a violation of human rights. The time has come for governments to reform their indiscriminate mass surveillance programmes. The legitimacy of these mass surveillance practices is a violation of human rights and international law. Mass surveillance must be dismantled and replaced with a targeted system of measures that respect human rights." CITIZENFOUR obviously leads to the same conclusions, but it does so in a very particular way, cinematographic to be sure, but of a documentary cinema that increasingly seems to privilege the fusion of reportage and fiction, the prerogatives of evidence of the former added to the emotional freedoms granted by the latter.
A clamorously explicit document (even if at times not exactly easy to decipher) is then that long encounter, physical, incredibly topical yet dated, all aimed at unearthing the minimal traces of emotion that transpire from the mimicry of the albeit daring protagonist. But exquisitely fictional is the climate that the filmmaker manages to introduce, claustrophobic, progressively more and more (understandably...) paranoid, rightly defined as Hitchcokian. The grey area is far from giving way to the full light: on a general reflection, on the possible need for such a control in a by now blatantly global era, on the more or less explicit role of the United States or that of the good faith of the protection granted by Russia. But if CITIZENFOUR has imposed itself so energetically on the world that it triumphed as Best Documentary Oscar, it is because it succeeds in showing the face of these dramatic questions. Through Snowden's clean face and expressions, his determination, the one that makes him look like an ancient knight yet young enough to be able to humour the menacing giants around him.
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