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DON GIOVANNI Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 12 giugno 1980
 
di Joseph Losey, con Ruggero Ralmondi, Kiri Te Kanawa, Edda Moser, Teresa Berganza, José van Dam (Francia - Italia, 1979)
 

Della sontuosa versione cinematografica che Joseph Losey ha tratto dal capolavoro di Mozart Azione si è già occupata diffusamente nel suo numero del 29 novembre 1979, In occasione di un'intervista che il regista ci aveva concesso a Ginevra. Nel frattempo il film ha concluso (non per nulla si proietta attualmente nel Ticino...) la sua carriera europea: con risultati di pubblico sostanzialmente positivi ma anche curiosamente contraddittori. Per esempio: successo incredibile in Francia, settimane di programmazione a Parigi, e direi fiasco a Milano, dove il film è rimasto poche settimane nelle sale. L'eccessiva suscettibilità degli appassionati di lirica italiani (ammesso che sia questa una delle ragioni dell'esito commerciale in quel paese) non dovrebbe però modificare quello che sembra essere stato un successo notevole dell'iniziativa di Rolf Lieberman, sovrintendente dell'Opera di Parigi, e del regista di IL SERVO. Iniziativa che si voleva innanzitutto, è ben ricordarlo, divulgativa. Trovare, cioè, un equivalente spaziale alla musica di Mozart (l'architettura del Palladio), registrare a priori la musica (salvo I recitativi, girati in diretta) ed illustrarla. Ma non filmando la scena, come aveva fatto il Bergman del FLAUTO MAGICO, bensì entrando con la cinepresa fra I cantanti, filmando dall'interno, montando.

Sui risultati si sono chinati in molti. Alcuni critici musicali hanno per esempio definito questo Don Giovanni diretto da Maazel grandissimo. Altri hanno avanzato riserve su questo o quell'interprete, o sul ritmo eccessivamente incalzante scelto per la partitura musicale. Qualcuno ha detto che il film non era il miglior Mozart, e nemmeno il Losey più grande. Altri hanno scritto che "mai la musica aveva trovato un accordo cosi perfetto con una luce e uno spazio".

Certamente Losey ha Incontrato non poche difficoltà a montare il suo film sulla musica, senza tradire né questa né quello i maggiori problemi, basta osservare il risultato, gli sono venuti sicuramente dalla trasformazione di cantanti lirici, abituati ad una certa dimensione scenica, in attori cinematografici da scrutare in primo piano. O, forse ancor più, dal ritrarre con un linguaggio analitico, quasi inquisitore com'è quello della cinepresa, l'estetica eroica, amplificata, tutta tesa a prolungare nel gesto lo slancio musicale, che è propria del melodramma musicale.

Ma, con tutto ciò, mi pare che il personaggio di Don Giovanni esca da questa operazione spregiudicata con forza intatta. E, anzi, con una sua attualità che non solo giustifica, ma magnificamente premia gli autori, che proprio questo volevano.

Qualcuno ha detto che il dramma di Don Giovanni è quello della nostra epoca, avida dissipatrice di beni e piaceri, dimentica dei significati del vivere più autentico. Diciamo, con Joseph Losey, che il suo DON GIOVANNI così come quello sublime di Mozart, riflette un'epoca dalle medesime inquietudini, Lontano dai concetti religioso morali del peccato e della redenzione, egli è un uomo che corre incontro alla fine con tragica coscienza. E l'esito finale (che nel film si traduce in uno dei momenti più forti) non è vissuto sicuramente come una punizione: ma come la constatazione tragica di un fallimento esistenziale, dell'impossibilità di cogliere della vita la vera ragione d'essere.


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