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DIVA
(DIVA)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 3 marzo 1983
 
di Jean-Jacques Beineix, con Wilhelmina Wiggins Fernandez, Frédéric Andreï, Richard Bohringer (Francia, 1982)
 

Nessuno è profeta in patria: ma quanti sono i ticinesi che considerano che al festival di Locarno si passano solo film di mezza tacca? A parziale scusante possiamo dire che nemmeno la giuria di quell'anno si accorse dell'originalità e dell'incredibile inventiva di questa opera prima E nemmeno, almeno in un primo tempo, la stessa critica francese: ci volle il rilancio dei premi César, o uno straordinario successo sul difficile mercato americano, per rilanciare il film di Beineix sulle ali di una divulgazione che ben meritava

Diva parla dell'amore di un giovane fattorino per la musica lirica. Poi, per un equivoco su delle cassette pirata che il ragazzo aveva registrato della sua cantante preferita, e che i gangster scambiano per materiale scottante, il film diventa sembra meno onirico - musicale, e sempre più caricaturalmente poliziesco. Quello, insomma, che in gergo si definisce "polar", un assieme di rinvii al mito del giallo, la strizzata d'occhi all'universo del detective e dello spionaggio. Ma quello che colpisce in Diva, e che meraviglia considerando che si tratta dell'opera di un esordiente, è l'originalità nella scelta degli ambienti, la grazia sottile dei personaggi, e la qualità superba delle immagini e dei suoni.

E proprio questa perizia affascinante delle immagini che è stata all'origine delle fortune (pubbliche) e sfortune anche se parziali (critiche) del film. Si è detto, in poche parole, troppo bravo, ergo formalista. Storie: si dimentica che Diva è una favola, un divertissement libero e giocoso su una storia semiseria, su dei personaggi semilunari, su dei colori e su delle musiche interpretate liberamente. E, in questo caso, ogni eccesso, anche calligrafico, è non solo giustificato, ma utile. Una mezzaluna in riva al mare, dietro a un faro arancione e contro un cielo violetto è un'aberrazione in una storia nella quale questi valori vanno presi alla lettera. Ma quando vengono usati, come qui, con humour e levità in una storia di pura magia, ecco che diventano semplicemente poetici. E poi, crepi l'avarizia: in un mondo di cosiddetti creatori avari, pigri e impotenti ben venga l'esuberanza formae di un Beineix, la sua fantasia a tratti delirante. il suo entusiasmo confortante.


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