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DIMENTICARE VENEZIA Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 6 marzo 1980
 
di Franco Brusati, con Erland Josephson, Mariangela Melato, Eleonora Giorgi (Italia, 1979)
 
"Nulla è mai cosi dirompente e nuovo quanto la sincerità, che essa si esprima in forme rivoluzionarie o anarchiche, tradizionali o decadenti". DIMENTICARE VENEZIA, l'ultimo film di quel regista che lavora al margine delle mode e del sistema cinematografico italiano, di quel cineasta che da vent'anni a questa parte, regolarmente, la critica s'impegna a riscoprire per poi dimenticare, il film che Cannes ha rifiutato un anno fa e Locarno, ancor più meschinamente, ha giudicato indegno di esser proiettato sullo schermo pur non sempre esigentissimo della piazza Grande è semplicemente spiegato da quella frase del suo autore.

Su DIMENTICARE VENEZIA si può anche non essere d'accordo (personalmente confesso di non essere sempre toccato dallo "stile" del regista) ma mi sembra disonesto non riconoscere quella che è la prima e fondamentale qualità di questo film. La sua autenticità, la sua sincerità: raramente, nel cinema di oggi, s'intravede dietro le immagini di un film, la natura dei proprio autore, la sua sofferenza, la sua speranza, il suo desiderio di comunicare come in quest'opera di straordinaria trasparenza.

"Il mio ultimo film tratta di persone che arrivano tardi all'autocoscienza. DIMENTICARE VENEZIA è un film elegiaco, direi privato, e quasi impossibile da riassumere: significa dimenticare il passato, dimenticare le acque materne, dimenticare le situazioni dell'irreale e della memoria per accettare il presente ed il reale". Il film racconta la storia di due coppie attive, sane e felici, di cui però si scopre lentamente che hanno rifiutato il trascorrere del tempo, e hanno trovato la loro felicità in un incapsulamento al di fuori degli anni e del mondo. Una vecchia signora (che ha fatto loro un po' da madre, senza esserlo in realtà di nessuno) li ha autorizzati a sentirsi eternamente figli e giovani.

Il soggetto vero del film sta nel contrasto fra maturità ed immaturità, tra l'accettazione del fluire naturale del tempo ed il suo rifiuto. È un contrasto che vie esemplificato dal fatto che le due coppie del film hanno fra loro un rapporto omosessuale. Omosessualità vista come inconscio tentativo di amare sé stessi e la propria giovinezza in altre persone, e di ripetere tale esperienza all'infinito. Insonnia, l'omosessualità non è mai, di per sé, soggetto di dramma, nel film; ma solo esemplificazione dell'altro, vero dramma, che è il rifiuto della maturità. "Con questo film vorrei dirmi: basta coi passato. Affrontiamo il reale, misuriamoci col tempo, accettiamo il fluire delle cose, inseriamoci nella nostra società senza ricorrere alla facile panacea del rimpianto e dell'infantilismo. Non c'è bisogno di ricorrere a Freud per sapere che l'amore del passato coincide con l'amore della morte".

Se abbiamo trascritto per esteso queste dichiarazioni di Brusati ad Aldo Tassone, è proprio perché ci appaiono come la descrizione più diretta e limpida che del film si potesse dare. Film sulla memoria, sul trascorrere del tempo ma, ancor più, sulla difficoltà di sciogliere quei nodi di vipere che sono i legami della famiglia e dell'infanzia, DIMENTICARE VENEZIA è un'opera di grande serietà, che mai si trasforma in sentimentalismo proprio per il rigore della sofferenza e la naturalezza della sincerità. Opera che si pone al margine di una certa idea che ci si fa del cinema italiano, DIMENTICARE VENEZIAnon è nemmeno MORTE A VENEZIA, IL POSTO DELLE FRAGOLE o PROVIDENCE. Anche se alcuni procedimenti della regia di Brusati rimandano facilmente a Visconti, Bergman o Resnais. Il cinema di Brusati denuncia la cultura, la generosità, l'impegno morale del proprio autore. Ma anche, mi sembra, la sua natura complessa, di letterato, di uomo di teatro, dì artista che forse nel cinema non ha mai creduto totalmente. Al contrario di quello di Visconti, o Resnais, o Bergman, il fascino del suo spettacolo è quello di un'idea letteraria, di una emozione intima che viene illustrata anche con sapienza e sensibilità. Ma che mai sembra affidarsi totalmente ai pericoli ma anche al potere infinito dello sguardo cinematografico per esprimere le proprie intenzioni. Quando il bravissimo Erland Josephson spezza, nel finale del film la boccia di cristallo che racchiudeva l'incanto paralizzante del passato, il gesto è l'illustrazione esatta di una Informazione letteraria, una traduzione in immagini e posteriori. L'adolescente di MORTE A VENEZIA scendeva in mare e stendeva il braccio verso l'infinito controluce, nella celebre sequenza, invitando così lo spettatore ad interpretare un segno cinematografico. Qui succede il contrario: lo spettatore ha già intuito che la boccia dei ricordi finirà in mille pezzi, ed assiste all'illustrazione, alla messa in scena di quanto aveva già compreso. Ed il fascino del cinema è spesso racchiuso in quel breve passaggio, dalla visione all'intuizione. ma tutto questo, probabilmente, è un tentativo di analisi che le immagini generose, lo abbiamo detto, di Brusati, non meritano.

Nota: Le dichiarazioni di Franco Brusati sono tratte da "Parla il cinema italiano", di Aldo Tassone, Ed. Il FormIchiere.


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