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DHEEPAN Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 19 ottobre 2015
 
di Jacques Audiard, con Jesuthasan Antonythasan, Kalieaswari Srinivasan, Claudine Vinasithamby, Vincent Rottiers (Francia, 2015)
 
Prima della Palma d'Oro all'ultimo festival di Cannes era difficile negare al regista francese dal successo e dalla qualità più continua (SUR MES LEVRES, UN PROPHETE, DE ROUILLE ET D'OS, Jacques Audiard, il coraggio di andare a situarsi nell'occhio del ciclone. Un film con attori sconosciuti, alcuni non professionisti, provenienti dallo Sri-Lanka, parlato in gran parte in lingua tamil. Una vicenda emblematica e pericolosamente attuale: tre migranti problematici che, per sfuggire alla guerra civile del loro paese e ottenere i permessi d'immigrazione in Europa, s'inventano una famiglia, il viaggio, gli sforzi d'integrazione, l'acquisizione della lingua. Guidati da una ex tigre tamil: che affronterà con pudore, buonsenso e impegno il ruolo inedito di capofamiglia, oltre che di custode in un caseggiato di un quartiere popolare francese. Prima di essere riagguantato dalla violenza.

DHEEPAN si avvia come una cronaca sociale, una testimonianza delle diseguaglianze che ci attorniano. Ma Jacques Audiard non è un realista. Non sarà di conseguenza il caso di verificare la minuzia dei dettagli, la ricerca dei particolari. Quelli di quei quartieri così a rischio, illustrati dal film in modo schematico, senza l'ombra di un poliziotto, di un operatore sociale,dell'eco delle sommosse, delle problematiche alle quali ci hanno abituato i telegiornali. Qui costituiscono solo uno sfondo, quasi fossero i fondali di una rappresentazione teatrale. Tanto che, osservandoli inquadrati dalla finestra del suo piccolo alloggio, fanno esclamare alla bravissima ragazzina del film: guardate, sembra di essere al cinema!

Ma all'autore interessano altre cose, più astratte, più romanzate: l'intimità smarrita di un individuo costretto ad improvvisarsi capofamiglia, la possibilità in nuovo spazio di far nascere l'amore, quella ancora più azzardata dell'attrazione fisica. E' l'ipotesi di una famiglia, la comparsa del conforto affettivo, ma anche del rischio conflittuale all'interno di quel nucleo; da sempre un tema centrale nella poetica di Jacques Audiard. Che filma con affettuosa delicatezza i suoi protagonisti, i loro tentativi di relazionarsi; all'interno di un inferno che progressivamente affiora con la sua ostilità, il ricatto, la droga, la violenza.

Nel tentativo di preservare il proprio spazio da quello incombente, DHEEPAN arriverà a tracciare una linea di separazione sul suolo del cortile che divide i diversi caseggiati; ultimo tentativo per distanziare lo spazio del bene da quello del male E' la fine delle illusioni, il ritorno alla barbarie. Che il regista traduce in una mutazione espressiva radicale: da una visione idealizzata e quasi astratta della prima parte (le luci colorate e sfuocate che accolgono i migranti sui marciapiedi parigini; quelle fantastiche dei loro sogni, filtrate tra le foglie di paradisi perduti popolati da elefanti), all'evidenza brutale dell'artiglieria che dovrebbe concluderlo. Prima ancora di una sequenza finale assurda, la transizione dalla finezza dell'osservazione sociologica e la sensibilità dell'intimità psicologica alla ridondanza esplicita delle regole care al cinema d'azione arrischia clamorosamente di snaturare l'intera armonia del film.


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