Per riuscire un buon film non ci sono migliaia di possibilità. Ma, praticamente due: dire benissimo delle cose che diventano importanti, o descrivere almeno decentemente delle cose importantissime.DENTRO LA NOTIZIA, che magari arrischia il solito Oscar, non si riesce nemmeno con sforzo a cacciare in una delle due categorie
Viene a raccontarci, figuriamoci che novità, che in televisione conta più la faccia, e la maniera di porgerla, che il cervello: William Hurt è bello e biondo, e un po' ciolla. Con lui che lo presenta, il TG sfonda gl'indici d'ascolto. Mentre quando ci si mette Albert Brook, impacciato, moro (notare la connotazione razziale) e colto è un vero disastro.
E ce lo racconta (dopo Welles, Kazan, Lumet e compagni) con assoluta insipienza: per un istante la sceneggiatura lascia sperare che l'altalena di fiaschi e successi del triangolo protagonista ci proponga un curioso rimpallo fra il pubblico ed il privato dei personaggi. Come dire, se ti va bene sul teleschermo vai poi in bianco dopocena. E viceversa.
Come pensata era sempre meglio di niente. Ma invano: che l'insopportabile petulanza di Holly Hunter ricaccia tutti, sullo schermo ed in platea, nella disperazione più totale.