Con quello che passa il convento, DELITTO PERFETTO è un passatempo all'altezza della serata televisiva: una storia di quelle che non vi fanno uscire dalla sala prima della fine, due protagonisti "glamour" griffati come di dovere, Central Park attraverso le finestre e quadri d'autore alla pareti.Si diceva, dei "remake": indici di pigrizia creativa, di faciloneria economica, quasi mai di genuino desiderio di approfondimento. Vorrei potere dire il contrario di quest'ultima fatica dell'autore di un film gasatissimo, se non proprio profondo come IL FUGGITIVO. Ahimè, già il nostro Andrew Davis pone l'asticella un bel po' più in alto del proprio naso: pur non essendo in assoluto il più grande degli Hitchcock, DIAL M FOR MURDER (1953) è comunque rimasto nel tempo. Molti se lo ricorderanno: un giocatore di tennis squattrinato (Ray Milland), nel dubbio che la ricca moglie (Grace Kelly) non solo lo tradisca ma decida di partire, convince un vecchio amico girato male di venirla a strangolare al proprio domicilio. All'istante stesso nel quale egli si mostrerà al club, in compagnia del rivale. Celeberrimo per il provvidenziale paio di forbici che permette a Grace Kelly di cavarsela all'ultimo istante, DIAL M FOR MURDER deve però il proprio interesse al fatto che l'autore, una volta ancora, si comportò come meno ci si poteva attendere. Invece di fare come tutti coloro che traducono un'opera teatrale per lo schermo - "aerare" l'azione, liberarla dalla costrizione dello spazio teatrale, uscire all'aperto - il grande Hitch girò praticamente tutto fra le quattro mura dell'appartamento. Con il risultato di esaltare mirabilmente l'interpretazione, i dialoghi, il ritmo, l'illuminazione: e, di conseguenza, l'efficacia della situazione - il celebre suspense - oltre che il fulgore dell'espressione cinematografica.
Pure Andrew Davis ed i suoi finanziatori s premurano di innovare rispetto al modello: ma, come c'era da attendersi, con scarsa conseguenza e discreto disordine. Non solo perché le diverse sortite spettacolari non aggiungono nulla; al contrario, allentano la tensione e la concentrazione sulla famosa telefonata che fa scattare tutta l'operazione. Ma perché, privata com'è di rigore e misura, tutta l'azione si esaspera e si allenta, sottolineando progressivamente quanto andava invece gommato: l'assurdità di una situazione lambiccata ed artificiale.
Compiuta la frittata, poco possono allora gli ingredienti. Come i dettagli "moderni", telefonini ed aggeggi vari, o quelli tipici del genere (l'investigatore astuto arguto, oppure umano o implacabile, o complessato), che solitamente allietano i polizieschi; e che qui sono stolidamente ignorati. E, soprattutto, le due star celebrate. Delle due il meglio è la nostra Gwyneth Paltrow alla moda: viso mutevole oltre che gradevole, cazzotti poco credibili con il fisico da top model che si ritrova. In quanto a Michael Douglas, se con il ghigno che si ritrova uno non è in chiaro fin dall'inizio, significa allora che la pensa come (spero di sbagliarmi) Andrew Davis: assassino di certo, esecrabile marito da chiedersi perché la straricca biondina è andata a cercarselo, finanziere losco oltre che nullo. Ma ad un macho con la sua classe vogliamo si o no perdonargli quelle quisquilie...?