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DELICATESSEN
(DELICATESSEN)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 1 dicembre 1991
 
di Jean-Pierre Jeunet e Marc Caro, con Dominique Pinon, Marie-Laure Dougnac (Francia, 1991)

Ricordate gli esterni sognanti, ovattati dalle nebbie di LE QUAI DES BRUMES; o gli interni realistici delle pensioncine scrostate, nell'altro capolavoro di Carné e Prévert, LE JOUR SE LEVE? Ricordate, invece l'universo surrealista, tutto ispirato al mondo della grafica fumettistica di BRAZIL di Terry Gilliam, le tubazioni che sgocciolano lungo i muri trasudanti oscuri rigurgiti, tragicomica interrogazione orwelliana su un avvenire, più che profetico, determinato dal passato? O, ancora, le tinte di Edward Hopper quando stemperano nel seppia, il cannibalismo e le mutilazioni di certi fumetti espressionisti dell'era post-punk, nei quali il virtuosismo dell'incisione patinata serve a relativizzare la disperazione della rappresentazione? Ricordate i film sull'Occupazione, con il mercato nero ed i sotterfugi più o meno gravi che confondono il sordido degli uni all'epopea degli altri? Ed i clown tristi che s'ingegnano a suonare strumenti impossibili, il filo d'Arianna, le favole di Pollicino, il gomitolo che srotola il filo di lana in grembo alla vecchina per aiutarci a ritrovare il cammino smarrito?

Due baldi trentenni, plurilaureati nel campo del cinema pubblicitario, del cortometraggio e d'animazione, compiono la prodezza di riuscire a fondere tutto ciò (ed altro ancora: che i film come questi, come sappiamo, sono fatti per viaggiare nelle fantasie recondite di ogni spettatore) nel loro primo lungometraggio: ed a riuscire, cosa ancora più sorprendente, un film trasgressivo, polemico e poetico al tempo stesso. L'opera probabilmente più originale della trascorsa stagione francese.

DELICATESSEN è un film che - ancorato com'è a delle ben precise ragioni culturali europee - si può definire con un attributo che solitamente riserviamo al cinema americano: splendidamente professionale. È infatti un film artigianale, nel senso più alto della parola: quello dell'arte di condurre il mestiere fino alla passione, sulle ali fatate capaci di mutare la disciplina in intuizione poetica, la realtà più cruda in fantasia visionaria.

In un dopoguerra impossibile da datare (la scenografia è da anni Trenta, ma la TV alterna dei musical hawaiani anni Quaranta a dei monoscopi di fine programma in bianco e nero anni Sessanta, con un piatto di formaggio che rotea incessantemente davanti agli occhi degli spettatori affamati) indoviniamo che gli inquilini di uno stabile fatiscente sopravvivono grazie alla carne carne umana offerta dal macellaio del piano terreno: l'inquietudine s'installa, la paura è dietro all'angolo, ma l'humour ci rassicura. Le facce, i costumi, le gestualità estremamente tipate sono quelle di Marc Caro, che viene dal disegno, dal fumetto. La direzione d'attori, costantemente sopra le righe, le situazioni, i ritmi, le illuminazioni ed i suoni eccentrici sono quelli di Jeunet, che si è fatto le ossa in quel cinema d'animazione nel quale ogni fantasia è permessa. Lo spazio è claustrofobico, esattamente delimitato dai vari appartamenti abitati da personaggi più o meno strani: come in quello ben precisato, esattamente analizzato di una striscia di comics, la libertà è totale. Che siano feroci o poetiche, realistiche o assurde, le azioni che vi svolgono - come in una successione di spot più o meno conseguenti - si sviluppano con la fertilità che è tipica del grafismo contemporaneo, con la logica del tutto particolare al disegno animato.

I limiti di DELICATESSEN sono forse in una eccessiva frammentazione del discorso, eventuale conseguenza al trascorso degli autori nel cortometraggio. Ma la coesione del mondo poetico che sta dietro ai due, la padronanza impeccabile dei vari elementi espressivi, la puntualità dei riferimenti culturali, l'aggressività di un discorso che indoviniamo anche politico sulle ragioni di un'oppressione che condiziona i personaggi, l'autocontrollo costante che indoviniamo dietro ad ogni fantasia più sfrontata, tolgono al film ogni calcolo. Ogni rischio di caduta - così frequente in questo genere di operazione - verso l'esercizio compiaciuto di stile.

No, DELICATESSEN, non ha nulla del divertissement postmoderno di due superdotati. Affettuosamente incollati ai loro protagonisti, costantemente tesi all'esigenza dei sentimenti, infaticabilmente ligi al potere liberatorio della poesia, Jeunet e Caro si sommano e si completano confondendosi, divertono, meravigliano ed interrogano. In breve: come i veri poeti, volano in alto.


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