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DUNKIRK Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 5 settembre 2017
 
di Christopher Nolan, con Tom Hardy, Cillian Murphy, Mark Rylance, Kenneth Branagh (Gran Bretagna - Stati Uniti, 2017)
 

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Raccontata da un inglese, la storia di una formidabile quanto misconosciuta "vittoriosa sconfitta". Quella del maggio 1940, quando 340'000 soldati britannici e francesi accerchiati dalle truppe della Wehrmacht a Dunkerque, riuscirono a rientrare sani e salvi in Inghilterra. Riattraversando la Manica, grazie a un appello, lanciato ad ogni sorta di mezzo di navigazione civile.

Al suo decimo lungometraggio Christopher Nolan, virtuosistico autore di thriller fantascientifici e blockbuster di supereroi dal successo planetario non privi di qualche divagazione cerebrale (/nterstellar, Il cavaliere oscuro, Inception), riesce nel contempo l’opera più compiuta. Malgrado le sue apparenze, Dunkirk non è tanto infatti un film di guerra, ma di sopravvivenza. Una riflessione sui concetti di solidarietà o di egoismo, di coraggio o di compromesso, di sacrificio o di opportunismo. Concepita senza mai mostrare il nemico, in un processo di smaterializzazione che la quasi assenza di dialoghi, la pressione incessante dei suoni e del commento musicale di Hans Zimmer, l’affidamento progressivo al potere straordinario della regia condurranno (quasi paradossalmente) a un formidabile processo d’identificazione. Lungi, però, da ogni moralismo.

Su quell’avvenimento apocalittico, la splendida sceneggiatura si è cosi costruita grazie a una semplicità esemplare. Con momenti che ignorano ogni psicologismo, ogni spiegazione superflua; tre unità di tempo e di luogo che finiranno per convergere fra di loro in una traiettoria temporale di notevole originalità.

Una prima settimana, ancora sulla spiaggia, con il giovane soldato Tommy perso fra l’allucinante moltitudine che, con disciplinata logicistica tipicamente british, tenterà di raccapezzarsi. Una giornata in mare, su una piccola imbarcazione privata che esce al largo per offrire il proprio aiuto. E gli ultimi quaranta minuti di carburante ancora a disposizione sul mitico, ma ancora raro Spitfire delle forze aeree britanniche; in compagnia del solitario pilota Tom Hardy.

Tutto questo in una sorta di accelerazione, al tempo stesso di astrazione nei confronti del gigantesco affresco in corso, Nolan non solo armonizza quei tre piani narrativi con frequenza e concisione crescente; ma, nella fusione di quelle varie narrazioni come nell’utilizzo dei mezzi creativi a disposizione si allontana dall’aneddoto, per quanto impressionante esso sia. Senza perdere un attimo di autenticità, rifiutando progressivamente la banale convenzione del film d’azione. Per sorvolare, ad immagine dei suoi aviatori, l’immensa coralità dell’avvenimento; per trarne una lezione priva di retorica, un esempio inedito di cinema spettacolo che – in un momento non privo di delicatezza per il futuro dell’immagine cinematografica – dimostra come possa essere raggiunta la partecipazione dello spettatore anche grazie alla creatività e alla intelligenza.

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Told by an Englishman, the story of a formidable and unrecognized "victorious defeat". That of May 1940, when 340,000 British and French soldiers surrounded by Wehrmacht troops in Dunkirk, managed to return safely to England. They crossed the English Channel again, thanks to an appeal, launched to all sorts of civil shipping.

In his tenth feature film, Christopher Nolan, virtuoso author of science fiction thrillers and blockbusters of superheroes with planetary success not without some cerebral ramblings (/nterstellar, The Dark Knight, Inception), succeeds at the same time the most accomplished work. Despite its appearances, Dunkirk is not so much a war movie as a survival film. A reflection on the concepts of solidarity or selfishness, courage or compromise, sacrifice or opportunism. Conceived without ever showing the enemy, in a process of dematerialization that the almost absence of dialogue, the incessant pressure of Hans Zimmer's sounds and musical commentary, the progressive reliance on the extraordinary power of directing will lead (almost paradoxically) to a formidable process of identification. Far, however, from any moralism.

On that apocalyptic event, the splendid screenplay was thus constructed thanks to exemplary simplicity. With moments that ignore every psychologism, every superfluous explanation; three units of time and place that will end up converging among themselves in a temporal trajectory of remarkable originality.

A first week, still on the beach, with the young soldier Tommy lost among the hallucinating multitude that, with typically British logic disciplined, will try to gather. A day at sea, on a small private boat that goes out to sea to offer his help. And the last forty minutes of fuel still available on the mythical, but still rare Spitfire of the British air force; in the company of the lone pilot Tom Hardy.

All this in a sort of acceleration, at the same time of abstraction towards the gigantic fresco in progress, Nolan not only harmonizes those three narrative planes with increasing frequency and conciseness; but, in the fusion of those various narratives as in the use of the creative means available, he moves away from the anecdote, however impressive it may be. Without losing a moment of authenticity, gradually rejecting the banal convention of the action film. To overlook, in the image of its aviators, the immense chorality of the event; to draw a lesson without rhetoric, an unpublished example of cinematic spectacle that - at a time not without delicacy for the future of the cinematographic image - shows how the participation of the spectator can be achieved also thanks to creativity and intelligence.

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