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DUE GIORNI, UNA NOTTE
(DEUX JOURS, UNE NUIT)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 8 dicembre 2014
 
di Jean-Pierre e Luc Dardenne, con Marion Cotillard, Fabrizio Rongione, Pili Groyne (Belgio, 2014)
 
Prima di ogni altra cosa DEUX JOURS, UNE NUIT è qualcosa di raro, un thriller, oltre che psicologico, economico, sociale e politico. A completare la loro serie inimitabile di tutti capolavori iniziata nel 1999 con ROSETTA, il film rappresenta un ulteriore e quasi impensabile passo innanzi (visto il proverbiale affinamento della parabola creativa di Jean-Pierre et Luc Dardenne ) nella filmografia dei due fratelli. Con uno sguardo sempre più radicale sulla vita, ma altrettanto perspicace e generoso, i due cineasti belgi (ai quali va sommata una meravigliosa Marion Cotillard) in DUE GIORNI, UNA NOTTE riescono a ottenere da un documento preciso, da una di quelle loro tipiche trasposizioni della realtà colta nell'istante presente, la densità drammatica, il suspense ai confini del sopportabile che appartiene solitamente al film di finzione. Così, catturano l'attenzione dello spettatore al dramma quotidiano, autentico dell'individuo: quello che la nostra assuefazione al consumo bulimico, manipolato e distratto dell'informazione non ci permette ormai più di percepire.

Con Sandra in primissimo piano, con quel suo giovane corpo esausto che rende la Cotillard indimenticabile, entriamo subito in simbiosi: mentre si sveglia, cuoce una torta, s'impone di non piangere. Non è che una giovane operaia reduce da una depressione, madre di una piccola famiglia, in procinto di riprendere il lavoro: quando la telefonata di un'amica le comunica che i suoi colleghi hanno votato. Posti dalla direzione (in nome di quel termine insopportabile di spending review che dovrebbe servire a relativizzarne i traumi oltre che la comprensione) di fronte all'alternativa di votare l'approvazione al licenziamento della collega, oppure di ricevere ognuno un premio di 1000 euro, condizionati dalla precarietà della situazione lavorativa e economica a soprassedere alle regole della solidarietà, non possono in pratica che accettare. Siamo di venerdì, e la decisione finale avverrà lunedì: la giovane donna avrà allora due giorni e una notte per tentare, in un porta a porta commovente oltre che segnato da un istinto di sopravvivenza nei confronti di una scadenza dalle prospettive mortali, di far loro cambiare d'idea. Di rinunciare a quel bonus che - è lei prima a saperlo - è altrettanto indispensabile alla loro esistenza.

Di una essenzialità mai raggiunta, un'aderenza all'attualità dei problemi esistenziali, economici e sociali nei quali stiamo affondando, questo minuto, immenso film si fa allora riflessione filosofica e poetica di una giustezza toccante. Da una parte le ragioni di un meccanismo inesorabilmente in preda al cinismo, dall'altra gli ultimi ricorsi ad una dignità e una solidarietà forse irrecuperabili da parte della politica. Abbassarsi, umiliarsi per lavorare: filmando la serie dei quattordici incontri che la protagonista deve affrontare, quattordici situazioni e argomenti simili, ma sempre diversi a dipendenza delle psicologie da affrontare, i due Dardenne sfidano il rischio dello schema, di una ripetitività che per alcuni è apparsa lasciar intravedere il procedimento. Al contrario, questo ennesimo prodigio di fluidità esistenziale mostrato Dardenne a noi pare posseduto da una maestria registica che non concede un segno di troppo, non un solo dettaglio mancante all'osservazione. In tanta intelligenza e giustezza la ripetizione traduce l'irrimediabilità morale della situazione, l'emozione, e tutta la tensione drammatica di una meccanica ormai sfuggita al controllo.


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