I film di Bertrand Tavernier si seguono, e si assomigliano. Nel bene e nel male. E, allora, e non solo perché tratta del medesimo soggetto (la Guerra 14-18: non tanto la sua storia, quanto quella dei suoi uomini, di come ne uscirono cambiati per sempre) riandare a leggere quanto si scrisse a proposito di LA VIE ET RIEN D'AUTRE, è forse ingeneroso. Ma calza, ahimè in modo impressionante, pure a proposito di CAPITAIN CONAN.
Come sempre nel cinema di Tavernier l'impresa è intelligente, l'approccio scenografico raffinato, gli attori ben diretti ed altamente professionali. Ma in questa vicenda un po' tortuosamente intellettuale, con i risvolti della sceneggiatura che paiono studiati come in un tema di fine studio, non si è mai sorpresi, mai veramente commossi. Poiché l'identificazione con i personaggi è difficile.
Il film è saggio e colto, ma lungo. Con i tempi morti - quelli di pace - terribilmente ripetitivi: gli amori provvisori con le ragazze di Bucarest, i pranzi degli ufficiali, le bravate dei commilitoni. E quelli d'azione - le sequenze di guerra, le liquidazioni violente dei commando -accademicamente predisposti: i movimenti delle comparse regolati ad arte, gli scoppi delle granate su comanda, i sentimenti sopra le righe (violenza, disperazione, dolore) cosi pensati da apparire letterari
Il film è originale (tratto da un romanzo di Roger Vercel, premio Goncourt nel 1934): l'immediato dopoguerra, raramente descritto, il fronte bulgaro, il riposo dei guerrieri tra Sofia e Bucarest, la battaglia contro i bolscevichi nel delta del Danubio, nel 1919. E banale, al tempo stesso: mai sufficiente assurdo, mai veramente ambiguo, mai decisamente crudele. Come distaccato, pensato, intellettuale.
Certo, si comprende come Tavernier - uno dei più colti studiosi di cinema, fra i registi francesi - non abbia voluto riprendere l'efficace linearità del capolavoro di riferimento, il celebre atto d'accusa kubrickiano ORIZZONTI DI GLORIA. Che, nella figura dei due protagonisti, abbia voluto confrontare due guerre. Quella di Conan, l'eroe barbaro, ma a modo suo puro; e quella dei generali, massacro generalizzato in nome di un interesse collettivo vago, pronto a contraddirsi alla prossima occasione. Ma lo scontro fra i due amici-nemici, Conan il primitivo, e Norbert il riflessivo e democratico, fatica a riassumere il messaggio del film, si diluisce invece in una costruzione incerta e smodata dalle troppe tentazioni, e ambizioni intellettuali.