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TABU Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 11 maggio 2013
 
di Miguel Gomes, con Teresa Madruga, Laura Soveral, Ana Moreira (Portogallo, 2012)

Ottenibile in DVD/Blu-ray

 

CAPOLAVORI DA RIVEDERE:  IN DVD, STREAMING, VOD...

Bisogna saperselo guadagnare questo TABU, con i suoi momenti così sorprendenti da risultare i più indimenticabili di tutta la stagione trascorsa. Ci riconciliano con il cinema, inteso come fonte di meraviglioso, voluttà dell'abbandonarsi al suo potere trascendente e incantatorio. Di un riandare malinconico ad un'arte del non-detto, del sussurrato, dell'immaginato in una libertà spudorata, ormai persa in epoca agonizzante di blockbuster e popcorn.

Pazientare una buona mezzora... Poiché, rispetto al capolavoro di Murnau al quale rinvia ovviamente il suo titolo, le cronologie in uso da sempre risultano invertite. Dapprima, la Fine delle Illusioni; e, soltanto dopo, l'Incanto del Paradiso, dell'Amore Perduto che le ispirava. Un accostamento sconcertante, subito liberissimo, quasi si trattasse di due film che tutto unisce e separa, nel contenuto come nel modo di tradurlo. Il tutto preceduto da un incipit allucinato di pochi minuti, ulteriore viaggio a ritroso alle origini del fato, in un bianco e nero formato 4:3 ormai d'epoca arcaica: un esploratore s'inoltra fra le erbe alte della savana seguito dai portatori, fino allo stagno dei coccodrilli, agli occhi che ci trasporteranno nel fantastico.


La realtà prima della passione, è la prima parte a Lisbona: in epoca contemporanea, nell'esiguo spazio urbano indagato con la lentezza cara ai cineasti portoghesi. Aurora (non a caso, il nome del capolavoro del 1927), che rivedremo in tutto il suo splendore, è una signora anziana e presto morente, che ancora scialacqua i suoi ultimi soldi al casinò dell'Estoril. Pilar è la sua vicina solitaria, la buona samaritana, colei che accoglie l'ultima richiesta della bizzarra dama borghese: partire alla ricerca di un misterioso Gian Luca Ventura.

Regolato così i propri conti con la realtà, TABU potrà da quel momento dedicarsi al sogno e alla memoria, a tutt'altra, straordinaria visione. In un 16mm sgranato, commentato fuori campo, senza dialoghi ma mai muto (niente a che fare con la pantomima di THE ARTIST), un suono d'ambiente dalla meravigliosa risonanza , ecco allora fondersi poeticamente storiche rievocazioni d'epoca a lancinanti squarci di romantico esotismo, paradossali esibizioni musicali kitsch a una sensualità soffusa e infine prepotente. Che finirà per coinvolgere i protagonisti in un melodramma fantastico, ricalcato su quelli che il cinema proponeva negli Anni Trenta.


Rivisitata nel solco di una ricostruzione favolosamente libera, tenera e malinconica, è l'Africa sognata, colta e irragionevole, l'innocenza perduta del colonialismo portoghese, lo sguardo critico e ironico su una morale più oziosa che perversa. Itinerario intimo, fino all'erotismo più inatteso, della coppia sublime di amanti clandestini. E sempre, grazie alla sua follia spregiudicatamente moderna, alla sua ansia di inventare, la felicità di un immaginario che credevamo perduto per sempre.

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* * * *  TABU, by Miguel Gomes, with Teresa Madruga, Laura Soveral, Ana Moreira (Portugal, 2012)

Available in DVD/Blu-ray or VOD/streaming etc.

Review date: May 11, 2013

     MASTERPIECES TO REVIEW: IN DVD, STREAMING, VOD...

You have to know how to earn this TABU, with its moments so amazing that they are the most unforgettable of the entire season. They reconcile us with cinema, intended as a source of wonderful, voluptuous surrender to its transcendent and enchanted power. Of a melancholy return to an art of the unspoken, of the whispered, of the imagined in a shameless freedom, now lost in the agonizing era of blockbusters and popcorn.

Patience for a good half hour. Since, compared to Murnau's masterpiece to which his title obviously refers, the chronologies in use have always been reversed. At first, the End of Illusions; and, only afterwards, the Enchantment of Paradise, of Lost Love that inspired them. A disconcerting combination, already very free, almost as if they were two films that unite and separate everything, in content and in the way they are translated. Preceded by a hallucinated incipit of a few minutes, a further journey back to the origins of fate, in a black and white 4:3 format now of archaic times: an explorer goes through the tall grasses of the savannah followed by the bearers, to the crocodile pond, to the eyes that will transport us into the fantastic.

The reality before the passion, is the first part in Lisbon: in contemporary times, in the small urban space investigated with the slowness dear to Portuguese filmmakers. Aurora (not by chance, the name of the 1927 masterpiece), which we will see again in all its splendor, is an old and soon to die, still wasting her last money at the Estoril casino; Pilar is the lonely neighbor, the good Samaritan, the one who accepts the last request of the bizarre bourgeois lady, leaving in search of a mysterious Gian Luca Ventura. Thus settling its accounts with reality, TABU will be able from that moment on to devote itself to dream and memory, an extraordinary vision. In a grainy 16mm, commented off-screen, without dialogue but never mute (nothing to do with the pantomime of THE ARTIST), an ambient sound with a wonderful resonance, here then poetically merge historical re-enactments of the era with staggering glimpses of romantic exoticism, paradoxical kitsch musical performances with a soft and finally overbearing sensuality. It ends up involving the protagonists in a fantastic melodrama, based on those that cinema proposed in the Thirties.

Revisited in the wake of a fabulously free, tender and melancholic reconstruction, it is the dreamed, cultured and unreasonable Africa, the lost innocence of Portuguese colonialism, the critical and ironic gaze on a more idle than perverse morality. An intimate itinerary, up to the most unexpected eroticism, of the sublime couple of clandestine lovers. And always, thanks to his unscrupulously modern madness, his anxiety to invent, the happiness of an imaginary that we believed lost forever.

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