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E' dal 2004 di IL CASTELLO ERRANTE DI HOWL che il 73enne giapponese Hayao Miyazaki, maestro assoluto dell'animazione cinematografica contemporanea, annuncia di essere giunto all'ultimo dei suoi capolavori. Dopo l'ennesima meraviglia di questo SI ALZA IL VENTO non ci resta allora che sperare in ulteriori ravvisamenti; anche se 11 film in 34 anni, per un cineasta che ha tolto per sempre il disegno animato dall'universo esclusivamente infantile e dipinge ancora a mano gran parte dei propri sogni, rappresentano un'impresa inimitabile. Ispirato alla storia di Jiro Hirikoshi, l'ingegnere celebre per avere concepito Zero, l'aereo dei kamikaze di Pearl Habour e in qualche modo precursore di Hiroshima, il film (probabilmente il più pensoso dell'autore) nasce però nel segno di quelle opere-somma che culminano il percorso personale, poetico e espressivo di un artista. Personale: perché l'aviazione ha esercitato da sempre una fascinazione particolare sul ragazzino cresciuto in una famiglia di costruttori aeronautici, fuggito nel 1943 a quattro anni da Tokyo, sotto le bombe degli americani. Mentalmente sofferto: poiché, in una personalità dall'impegno umanista e pacifista come quello di Miyazaki, nasce immediata l'associazione fra quei meravigliosi uccelli che si librano nel vento della prima parte del film e il terribile strumento di morte che finiranno per rappresentare fra le mani di eroi destinati a non fare mai ritorno. Non a caso, allora, lo script si diparte dagli Anni Venti: prima della Grande Depressione, dell'avvento del nazismo, prima del coinvolgimento nipponico, ambedue per altro splendidamente schizzati. Così, in una riflessione che deve avere evidentemente toccato l'autore nell'intimo come non mai, Miyazaki si sofferma su una figura idealizzata ( gli aerei non sono fatti per la guerra e gli affari, ma per sognare) come quella di Battista Caproni, il celebre inventore italiano di macchine volanti che incanta e ispira il ragazzino. Di conseguenza, e quasi inevitabilmente, il tono di SI ALZA IL VENTO volge al melodramma, alle incursioni inusitate per l'universo buonista del disegno animato: il terremoto del 32 (riprodotto con un magistero stupefacente), incendi, tempeste di neve, la guerra, la tubercolosi della fidanzatina di Jiro. E tutto il significato poetico, dolcemente infuso nel film, finisce allora per nutrirsi del verso sublime tratto da "Il cimitero marino" di Paul Valery al quale si riferisce il titolo: "Le vent se lève! Il faut tenter de vivre." Ma non è soltanto l'evidenza del coinvolgimento personale a situare il film fra le opere di assoluta compiutezza artistica del grande giapponese. Costantemente in bilico tra il dettaglio in punta di penna del tratto e la meravigliosa paletta impressionistica degli sfondi, incredibilmente moderna nel proprio potere straordinario di astrazione, l'arte di Miyazaki traduce in termini poetici la scissione fra sogno e realtà sulla quale è costruito l'intero progetto. E' il disegno, accompagnato da un utilizzo incredibile dei suoni (e dei silenzi) a narrare, a coinvolgere con infinita partecipazione il paesaggio giapponese, a sublimarne le alchimie cromatiche, a sfumare nella delicatezza della storia d'amore. A farsi specchio come non mai nella lunga storia del maestro del disincanto intimo.
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It has been since 2004's THE WANDERING CASTLE OF HOWL that 73-year-old Japanese director Hayao Miyazaki, the absolute master of contemporary film animation, has announced that he has reached the last of his masterpieces. After the umpteenth marvel of this SI ALZA IL VENTO, we can only hope for further raptures; although 11 films in 34 years, for a filmmaker who has forever removed animated drawing from the purely infantile universe and still paints most of his dreams by hand, represent an inimitable feat. Inspired by the story of Jiro Hirikoshi, the engineer famous for having conceived Zero, the kamikaze plane of Pearl Habour and in some ways the forerunner of Hiroshima, the film (probably the author's most thoughtful), however, was born in the sign of those works-summits that culminate the personal, poetic and expressive path of an artist. Personal: because aviation has always exerted a particular fascination on the young boy who grew up in a family of aircraft builders and fled Tokyo in 1943 at the age of four, under the bombs of the Americans. Mentally painful: because, in a personality of such humanist and pacifist commitment as Miyazaki's, the association immediately arises between those marvellous birds that soar in the wind in the first part of the film and the terrible instrument of death that they will end up representing in the hands of heroes destined never to return. It is no coincidence, then, that the script departs from the 1920s: before the Great Depression, before the advent of Nazism, before the Japanese involvement, both of which are beautifully sketched. Thus, in a reflection that must evidently have touched the author more deeply than ever, Miyazaki dwells on an idealised figure (planes are not made for war and business, but for dreaming) such as Battista Caproni, the famous Italian inventor of flying machines who enchants and inspires the young boy. Consequently, and almost inevitably, the tone of SI ALZA IL VENTO turns to melodrama, to unusual incursions for the good-natured universe of cartoons: the earthquake of '32 (reproduced with astonishing mastery), fires, snowstorms, war, the tuberculosis of Jiro's little girlfriend. And all the poetic meaning, sweetly infused in the film, ends up feeding on the sublime verse from Paul Valery's 'The Marine Cemetery' to which the title refers: 'Le vent se lève! Il faut tenter de vivre." But it is not only the evidence of personal involvement that places the film among the great Japanese filmmaker's works of absolute artistic accomplishment. Constantly poised between the pen-point detail of the stroke and the marvellous impressionistic palette of the backgrounds, incredibly modern in its extraordinary power of abstraction, Miyazaki's art translates into poetic terms the split between dream and reality on which the entire project is built. It is the drawing, accompanied by an incredible use of sounds (and silences) that narrates, to involve the Japanese landscape with infinite participation, to sublimate its chromatic alchemy, to fade into the delicacy of the love story. To become a mirror as never before in the long history of the master of intimate disenchantment.
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