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CAROL Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 11 maggio 2016
 
di Todd Haynes, con Cate Blanchett, Rooney Mara, Kyle Chandler (Stati Uniti, 2015)
 

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C'è del marcio nel regno di Cinelandia. La citazione shakespeariana serve a tradurre il malessere che sta dilagando nella diffusione del prodotto cinematografico, cosi come la mortificazione di un film sublime, il più affascinante di tutta una stagione, CAROL di Todd Haynes. Premiato nel maggio 2015 al Festival di Cannes (anche se non con la Palma plebiscitata dai presenti), uscito in Europa e anche in Italia all'inizio di quest'anno, assolutamente ignorato dagli schermi della Svizzera Italiana. CAROL non è naturalmente sola fra le vittime di un degrado sul quale avremo modo di ritornare; ma è la qualità straordinaria del film a sottolineare gli scompensi sempre più irreversibili della situazione. Il film di Toddy Haynes è un melodramma omosessuale, tratto dal romanzo di Patricia Highsmith pubblicato dalla grande scrittrice nel 1952 con il titoloThe Price of Salt, ma sotto lo pseudonimo di Claire Morgan. Il che spiega già tutto dell'America di quell'epoca. Dove una passione lesbica era considerata ai confini della malattia se non del crimine; specie se, come questa, avesse l'ardire mostruoso di concludersi con un happy end. Propiziata forse dal fatto di succedere alla prima opera della scrittrice, subito tradotta nel capolavoro cinematografico di Alfred Hitchcock STRANGERS ON A TRAIN, l'operazione editoriale stenterà dapprima fra le pieghe dello scandalo; per volgere in seguito fra i successi planetari dell'autrice di leggendari polizieschi che finirà per stabilirsi ad Aurigeno, in Vallemaggia. Lungo il percorso della giovane e timida venditrice di un grande magazzino di Manhattan che incontra la ricca e affascinante cliente per fondersi con lei in una passione amorosa assoluta, presto prigioniera delle convenzioni sociali e morali, il regista Todd Haynes ha costruito una meraviglia. CAROL costituisce infatti il vertice di uno trittico dall'evidenza splendida, iniziato con l'omaggio magistrale all'epoca gloriosa del mélo cinematografico diLONTANO DAL PARADISO (2002) al quale, a prima vista, CAROL parrebbe riallacciarsi. Seguito, nel 2011, dai cinque episodi di una delle più belle serie televisive mai realizzate, MILDRED PIERCE, dal sorprendente, impeccabile naturalismo postmoderno All'interno di questo itinerario, all'arte del cineasta riesce però un incredibile rinnovamento: non soltanto la meravigliosa ricostruzione storica di un'epoca (nella fotografia sapiente e sognante di Ed Lachan, lo splendore lancinante delle dominanti cromatiche, le scenografie, i costumi, le adegiarissime risonanze musicali). Non solo il piacere, forse squisito ma pure a rischio di compiacimento, dello specchiarsi nel magnetico manierismo che da Douglas Sirk ci ha condotti a Wong Kar-Wai. Ma la possibilità di penetrare all'interno di un universo dalla bellezza incantata con la forza che nasce da un percorso inedito, nell'uso di un linguaggio moderno. Rimessa di continuo in questione, la passione fra Carol e Therese non arrischia mai di afflosciarsi nella convenzione delle ricerche estetiche. Si esalta e commuove nell'introspezione di un modo di far cinema, d'impostare lo sguardo che nasce attraverso la cinepresa come nella costruzione della sceneggiatura che non è più quello di un omaggio al cinema classico. Ma introduce credibilità ambientali aggiornate, inediti approcci espressivi, interrogativi psicologici più attuali. Per permettere agli eroi colpevoli di un tempo di affrontare finalmente a viso aperto gli incerti della passione amorosa, la provvida esaltazione del desiderio. Tutto rimarrebbe però stagnante fra le trasparenze divine della pellicola (Todd Haynes resuscita il super 16 mm) senza quel filo miracoloso che da sempre pare avvolgere il cineasta ai propri attori. La Cate Blanchett, la Rooney Mara di CAROL rimarranno indimenticabili: la finissima introspezione del romanzo nasceva dalle spire sapienti del linguaggio, mentre nel film si alimenta delle reazioni minime carpite dagli sguardi , i fremiti più segreti di due sublimi protagoniste. Certo, il fascino sontuoso eppure fragile di Cate Blanchett ricorda le Lauren Bacall o le Jean Simmons predilette da Douglas Sirk; e la determinata giovinezza di Rooney Mara quella emblematica di Audrey Hepburn. Ma la trattenuta, dirompente vibrazione emotiva del film, la malinconia che viene a smussare la lucidità critica di tante situazioni, l'intelligenza di un finale sottilmente provocatorio nascono da un'arte raffinata nella denuncia delle apparenze e della relatività dei rapporti di forza.

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There is rot in the kingdom of Cinelandia. The Shakespearean quotation serves to translate the malaise that is spreading in the spread of the cinematographic product, as well as the mortification of a sublime film, the most fascinating of the whole season, CAROL by Todd Haynes. Awarded in May 2015 at the Cannes Film Festival (although not with the Palma plebiscitata by those present), released in Europe and also in Italy at the beginning of this year, absolutely ignored by the screens of Italian-speaking Switzerland. CAROL is not, of course, alone among the victims of a degradation to which we will have the opportunity to return; but it is the extraordinary quality of the film that underlines the increasingly irreversible imbalances of the situation. Toddy Haynes' film is a homosexual melodrama, based on Patricia Highsmith's novel published by the great writer in 1952 with the title The Price of Salt, but under the pseudonym Claire Morgan. Which already explains everything about America at that time. Where a lesbian passion was considered at the borders of disease if not crime; especially if, like this one, it had the monstrous audacity to end with a happy end. Perhaps this was the successor to the writer's first work, which was immediately translated into Alfred Hitchcock's masterpiece STRANGERS ON A TRAIN, but the publishing operation would first of all struggle between the folds of the scandal and then the planetary successes of the author of legendary detective stories who ended up settling in Aurigeno, in Vallemaggia. Along the path of the young and timid saleswoman of a Manhattan department store who meets the rich and fascinating client to merge with her in an absolute loving passion, soon to become a prisoner of social and moral conventions, the director Todd Haynes has built a marvel. CAROL is in fact the summit of a triptych of splendid evidence, which began with the masterful homage to the glorious era of the cinematic mélo FAR FROM HEAVEN (2002) to which, at first sight, CAROL seems to be linked. Followed, in 2011, by the five episodes of one of the most beautiful television series ever made, MILDRED PIERCE, with its surprising, impeccable postmodern naturalism. Within this itinerary, however, the art of the filmmaker succeeds in an incredible renewal: not only the marvellous historical reconstruction of an era (in Ed Lachan's skilful and dreamy photography, the staggering splendour of the dominant colours, the sets, the costumes, the adigear musical resonances). Not only the pleasure, perhaps exquisite but also at risk of complacency, of mirroring oneself in the magnetic mannerism that led us from Douglas Sirk to Wong Kar-Wai. But the possibility of penetrating inside a universe of enchanted beauty with the strength that comes from an unprecedented path, in the use of a modern language. Constantly questioned, the passion between Carol and Therese never risks dropping into the convention of aesthetic research. He is exalted and moved in the introspection of a way of making cinema, of setting the gaze that is born through the camera as in the construction of the screenplay that is no longer that of a homage to classic cinema. But it introduces updated environmental credibility, new expressive approaches, more up-to-date psychological questions. To allow the guilty heroes of the past to finally face the uncertainties of love passion, the providential exaltation of desire. However, everything would remain stagnant among the divine transparencies of the film (Todd Haynes resurrects the super 16 mm) without that miraculous thread that has always seemed to envelop the filmmaker to his actors. CAROL's Cate Blanchett and Rooney Mara will remain unforgettable: the novel's fine introspection was born from the wise coils of language, while in the film it feeds on the slightest reactions struck by the glances, the most secret thrills of two sublime protagonists. Certainly, the sumptuous yet fragile charm of Cate Blanchett recalls the Lauren Bacall or the Jean Simmons preferred by Douglas Sirk; and the determined youth of Rooney Mara the emblematic one of Audrey Hepburn. But the restrained, disruptive emotional vibration of the film, the melancholy that blunts the critical lucidity of so many situations, the intelligence of a subtly provocative ending arise from a refined art in the denunciation of appearances and the relativity of power relations.

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