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Il cinema di Christopher Nolan può lasciarci talvolta interdetti, mai annoiati. Sempre sorpresi, come ad esempio nel caso del suo film precedente, TENET (2020), dove scoprivamo come il suo titolo fosse una parola palindroma. Una successione delle cui lettere, cioè, poteva valere anche se letta al contrario, iniziando dalla fine. Senza che ne venisse modificato il significato. Ora, sappiamo tutti quanto, dalla stesura iniziale di una sceneggiatura al suo compimento, grazie agli interventi permessi dalle manipolazioni del montaggio, il cinema appaia un campo privilegiato ai fini d'intervenire su una successione temporale.
Scucire, eventualmente fino all'arbitrio o anche solo alla confusione, su quella che di norma è considerata la logica narrativa. Dopo la visione dei pure dilaganti 180 minuti di OPPENHEIMER è tempo allora di constatare quanto, dal duemila del suo primo MEMENTO, in seguito nel corso di tutta una progressione affascinante (in particolare grazie a INCEPTION (2010), INTERSTELLAR (2014), DUNKIRK (2017) e pure i BATMAN Christopher Nolan abbia fatto del Tempo il proprio giocattolo prediletto. Fino eventualmente alla propria ossessione.
La progressione delle sue pellicole si farà sempre più esaltante, pur se gravata da ulteriori ambizioni. Ecco allora già dagli imizi il protagonista di MEMENTO smarrire la memoria immediata, i ricordi più recenti. E ricorrere, per ovviare, alle foto Polaroid piuttosto che ai tatuaggi sul corpo. Splendido soggetto, si scriveva, poi qualcosa irritava, anche perché si voleva capirci qualcosa. Ancora relatività della memoria in INSOMNIA, dove in Alaska i confini incerti fra l'acqua e la terra sottolineano quelli altrettanto opinabili fra verità ed ipocrisia in un Al Pacino immenso.
Sarà quindi, a partire dal BATMAN del 2008 un gioco di specchi nel suo cinema fra tante identità contraddittorie. Spettacolari giostre magmatiche all'interno della grandiloquenza spaziale e temporale degli script. Tutta la qualità di un forte sguardo registico che soffrirà forse di bulimia espressiva. Ma che avrà il merito, in un cinema destinato a delle platee immense, di non ovviare all’attenzione per l'attualità sociopolitica. Al tempo stesso, a quella per le angosce dell’intimo.
E' in questo senso che OPPENHIMER appare oggi come l'opera più compiuta del regista inglese, assolutamente meritevole dell'insperato successo di spettatori che sta raccogliendo. Padroneggiata, semplificata come non mai nella sua volontà nello sviscerare gli sviluppi temporali del racconto, ecco che la decostruzione di quelli tormentati sulla nascita della Bomba e del travagli del suo creatore riescono a conciliare le esigenze del cinema d'autore con quello destinato alle grandi platee. Un'avventura umana dalle conseguenze che ancora ignoriamo a quasi cent'anni di distanza, confrontata ad una sfida affascinante all'interno di uno sguardo. Le tre ore di OPPENHEIMER valgono questo e altro.
* Vogliate p.f. cliccare su www.filmselezione.ch per la lettura completa della raccolta di critiche cinematografiche FILMSELEZIONE di Fabio Fumagall
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Christopher Nolan's cinema can leave us sometimes baffled, never bored. Always surprised, as for instance in the case of his previous film, TENET (2020), where we discovered how its title was a palindrome word. That is, a succession of whose letters could also apply if read backwards, beginning at the end. Without changing its meaning. Now, we all know how much, from the initial drafting of a screenplay to its completion, thanks to the interventions permitted by editing manipulations, cinema appears to be a privileged field for intervening on a temporal succession.
Scrutinising, possibly to the point of arbitrariness or even confusion, what is normally considered narrative logic. After watching the purely rampant 180 minutes of OPPENHEIMER, it is then time to see how much, since the two thousandth anniversary of his first MEMENTO, then throughout a fascinating progression (in particular thanks to INCEPTION (2010), INTERSTELLAR (2014), DUNKIRK (2017) and even BATMAN) Christopher Nolan has made Time his favourite toy. To the point of possibly becoming his own obsession.
The progression of his films will become more and more exhilarating, albeit burdened with further ambitions. Here then, right from the beginning, the protagonist of MEMENTO loses his immediate memory, his most recent memories. And resorting, to remedy this, to Polaroid photos rather than body tattoos. Wonderful subject, one would write, then something would irritate, also because one wanted to understand something about it. Again relativity of memory in INSOMNIA, where in Alaska the uncertain boundaries between water and land underline the equally questionable ones between truth and hypocrisy in an immense Al Pacino.
It will thus be, starting with 2008's BATMAN, a game of mirrors in his cinema between many contradictory identities. Spectacular magmatic jousts within the spatial and temporal grandiloquence of the scripts. All the quality of a strong directorial gaze that will perhaps suffer from expressive bulimia. But which will have the merit, in a cinema destined for immense audiences, of not obviating attention to socio-political topicality. At the same time, to that for the anxieties of the intimate.
It is in this sense that OPPENHIMER appears today as the English director's most accomplished work, absolutely deserving of the unhoped-for success in terms of spectators that it is gathering. Mastered, simplified as never before in its willingness to unravel the temporal developments of the story, here is the deconstruction of the tormented ones on the birth of the Bomb and the travails of its creator that manages to reconcile the demands of art-house cinema with those destined for large audiences. A human adventure with consequences that we still ignore almost a hundred years later, confronted with a fascinating challenge within a gaze. The three hours of OPPENHEIMER are worth this and more.
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