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Un passo in avanti o uno indietro? Piuttosto, uno sul posto. Esponente più che brillante ed ambizioso di un cinema annunciato innovativo ad ogni pausa hollywoodiana, autore di un invidiabile crescendo condotto sulle vette di SEVEN, nel 1995, quindi THE SOCIAL NETWORK, BENJAMIN BUTTON, MILLENNIUM, GONE GIRL fino a MANK (2020) David Fincher non finirà mai di farci discutere.
Come dice, senza barare, il suo titolo, THE KILLER traccia allora la traiettoria che si vorrebbe eloquente di un assassino. Nella quale l'insostituibile Michael Fassbender (BASTARDI SENZA GLORIA di Tarantino, quindi HUNGER, SHAME e 12 ANNI SCHIAVO di Steve McQueen, poi il Cronenberg di A DANGEROUS METHOD e scusate se è poco...) sembra però non crederci fino in fondo. THE KILLER è una macchina infernale che il cineasta sessantenne avvia in modo superbo ma che finisce in qualche modo per incepparsi.
Fassbender indossa un'immagine concreta, solo in apparenza conforme a quella trasmessaci dal ricco patrimonio cinematografico dedicato ai sicari. Ci crede alle prime, sapientissime immagini che gli dedica Fincher, ma (senza svelare nulla dell'intricata vicenda) quando le cose si complicano il suo killer sarà al suo primo errore di un'implacabile carriera.
Se quasi tace nel corso di quel tragitto non è per una svista della sceneggiatura: piuttosto per adeguarsi, all'enorme rispetto per la tecnologia della pellicola, alla visione contemporanea del rilassamento offerto da una pausa di yoga. Da una mente, allora, che tenta di organizzarsi nel senso di quanto gli suggerisce la voce off: "E' semplice, sempre anticipare, mai improvvisare, resta concentrato".
Potrebbe trattarsi del credo di Fincher nel film. Ma THE KILLER è solido ed implacabile solo in apparenza: quella rappresentata dalla vasta rassegna tecnologica che il regista filma con proverbiale sapienza, ma anche con progressiva stanchezza. Non basta allora nemmeno la comparsa tardiva di una sorprendente Tilda Swinton ad umanizzare il racconto.
Il destino di THE KILLER è allora tracciato a somiglianza di quello del suo protagonista. Come l'impeccabile, a tratti più che ammirevole rappresentazione che il cineasta gli ha costruito attorno, ma con una sensazione d'incompiuto nella quale il film (forse per i compromessi legati all'universo Netflix) finisce per creare. Quel che è indubbio è che di grande regia si può vivere, ma pure morire.
* Vogliate p.f. cliccare su www.filmselezione.ch per la lettura completa della raccolta di critiche cinematografiche FILMSELEZIONE di Fabio Fumagalli
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One step forward or one step back? Rather, one on the spot. A more than brilliant and ambitious exponent of a cinema that has been announced as innovative at every Hollywood break, the author of an enviable crescendo leading to the heights of SEVEN, in 1977, then THE SOCIAL NETWORK, BENJAMIN BUTTON, MILLENNIUM, GONE GIRL up to MANK (2020) David Fincher will never cease to make us discuss.
As its title states, without cheating, THE KILLER then traces the eloquent trajectory of a killer. In which the irreplaceable Michael Fassbender (Tarantino's BASTARDS WITHOUT GLORY, then HUNGER, SHAME and Steve McQueen's 12 YEARS AGO, then the Cronenberg of A DANGEROUS METHOD, and sorry to say so little...) does not seem to believe it all the way through. THE KILLER is a hellish machine that the 60-year-old filmmaker superbly starts but somehow ends up jamming.
Fassbender wears a concrete image, only seemingly conforming to that conveyed to us by the rich cinematic heritage dedicated to hitmen. He believes the first, very clever images Fincher dedicates to him, but (without revealing anything of the intricate story) when things get complicated his hitman will be at his first mistake of a relentless career.
If he almost falls silent on the way there, it is not because of an oversight in the script: rather, it is to adapt to the film's enormous respect for technology, to the contemporary vision of the relaxation offered by a yoga break. From a mind, then, that tries to organise itself in the sense of what the voice-over suggests: 'It's simple, always anticipate, never improvise, stay focused'.
This may be Fincher's credo in the film. But THE KILLER is solid and relentless only in appearance: that represented by the vast technological survey that the director films with proverbial wisdom, but also with progressive fatigue. Not even the late appearance of a surprising Tilda Swinton is enough to humanise the tale.
The fate of THE KILLER is then plotted in the likeness of that of its protagonist. Like the impeccable, at times more than admirable portrayal that the filmmaker has built around him, but with a feeling of unfinishedness in which the film (perhaps due to the compromises linked to the Netflix universe) ends up creating. What is undoubtedly true is that one can live, but also die, by great filmmaking.
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