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QUANDO SI HA 17 ANNI
(QUAND ON A 17 ANS)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 19 settembre 2016
 
di André Téchiné, con Sandrine Kiberlain, Kacey Mottet Klein, Corentin Fila (Francia, 2016)
 

Una meraviglia, perlomeno nella sua prima parte: Quand on a 17 ans è fra i film più giusti e ispirati che il cinema ci abbia mostrato sull’adolescenza. Una lezione. Non solo perché, a più di 20 anni dal suo capolavoro Les roseaux sauvages, André Téchiné si conferma inimitabile nel restituire con infinita sensibilità le situazioni legate a quel passaggio cosi particolare della vita. Ma soprattutto perché la presa di coscienza di Damien e Tom è filmata nel segno del magistero cinematografico più grande; il solo a contare, verrebbe da dire. Quello che si esalta attraverso l’uso dell’immagine nel suo rapporto con lo sfondo. Che si significa psicologicamente, drammaturgicamente e infine poeticamente fondendosi all’ambiente nel quale sono immersi i personaggi e la loro storia.

La loro mutazione, Damien e Tom la vivono infatti nell’arco delle quattro stagioni, durante i trimestri in un ginnasio di mezza montagna, sul fondovalle dei Pirenei più o meno innevato, poco dissimile dal nostro. Il 17enne Damien abita nella cittadina in basso, coccolato da una mamma medico e un padre militare all’estero. Il coetaneo Tom sta invece verso le vette, figlio adottivo meticcio di contadini che abitano sull’alpe da lui raggiunta ogni sera, ansimando in una coltre di neve sempre più consistente, dopo che l’autobus scolastico lo ha lasciato ai piedi della foresta.

A scuola, Damien e Tom s’ignorano, anzi si provocano; sembrano non avere in comune che l’età, e una reciproca, quasi inesplicabile aggressività. Finiremo per comprenderne le ragioni. Mentre Damien vive la propria pubertà (e la propria natura) con consapevolezza, Tom l’affronta con eguale scontrosità; ma nella chiusura di una ambivalenza che si dimostrerà generosa quanto irrisolta.

Quando si ha 17 anni è un film nel quale la fisicità prorompente ha sostituito l’invadenza dei dialoghi (perfetti, nati dalla sapiente collaborazione con Céline Sciamma), l’inutilità delle spiegazioni. La continua dinamica degli scontri, le furiose arrampicate, le rincorse sfrenate, l’eco dei passi sulla neve lievitano continuamente la progressione drammatica; traducendo con mirabile sottigliezza l’intimità ambigua dei sentimenti. Mentre la loro urgenza trova rifugio (ad iniziare da quel memorabile generico iniziale) nell’energia e nel conforto della superba natura circostante.

Se i due giovani protagonisti sono perfetti, risalta la commovente disponibilità di una solare Sandrine Kiberlain, nel ruolo così delicato della madre giovane e bella, positiva ed equilibrata fra gli scompensi del desiderio e della passione. E anche se nel suo ultimo terzo disperde qualcosa della propria intensità, aldilà del farsi più programmatico ed esplicito, Quand on a 17 ans rimane nelle memorie per quanto lo alimenta nel più profondo. La propria ansia nel ritrovare le passioni e le contraddizioni della giovinezza. (Lux Massagno)

 


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