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di Roberto Andò, con Toni Servillo, Connie Nielsen, Pierfrancesco Favino, Marie-Josée Croze, Moritz Bleibtreu, Lambert Wilson, Daniel Auteil
(Italia, 2016)
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Scrittore, oltre che regista, Roberto Andò aveva scosso le acque dello spettacolo italiano due anni or sono con Viva la libertà, tassello meritevole della tradizione italiana di un cinema politico che da Francesco Rosi, Elio Petri ha condotto a Nanni Moretti, Marco Bellocchio. Il film era curioso, con un Toni Servillo mostruoso protagonista di un’impostura clamorosa: un celebre uomo politico, depresso e in fuga, sostituito all’insaputa generale dal fratello gemello, appena rilasciato da un istituto psichiatrico. Eccentricità tragicomica; ma pure il tema della coppia, caro al cinema quanto alla psicanalisi, in una riflessione etica e sociale. A quei paradossi aspira anche Le confessioni. Attingendo allo stesso stile: lo sguardo surreale che rende credibile l’impossibile, i tempi dilatati, le inquadrature soppesate al millimetro, gli echi sonori e gli spazi svuotati. Il tutto per mutare una realtà raffinata in inquietante dimensione metafisica; e accentuare così il magnetismo dell’inamovibile presenza di Toni Servillo, di una direzione degli attori tesa ad accentuare il disagio dei personaggi.
Tutto ciò questa volta in un resort di lusso, sulle rive del Baltico tedesco, dove i ministri di un G8 dell’economia stanno per riunirsi. Oltre ai politici, sono compresi (chissà perché) una scrittrice di fiabe, una rock star e il taciturno monaco cistercense interpretato da Toni Servillo. L’aspetto estetico è curatissimo, un po' tanto debitore di quello già debordante del Sorrentino di Il divo e Youth; di una tensione che si rifà a Il nome della rosa. Ma i guai per i protagonisti e per il film iniziano alla scomparsa di uno dei personaggi. Le confessioni s’indirizza allora verso direzioni indistinte per non dire confuse: poliziesche e filosofiche, etiche e politiche. Troppe per risultare credibili, anche per una questione (come sempre) di linguaggio. Andò predilige i ritmi molto lenti che gli permettono il seducente surrealismo delle immagini. Meno, però, le riflessioni sul liberismo all’interno di un universo che lui vorrebbe metafisico; ma che finisce per risultare forzato.
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Film dello stesso regista |
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