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NEL NOME DEL PADRE Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 12 ottobre 1972
 
di Marco Bellocchio, con Yves Beneyton, Renato Scarpa, Laura Betti, Lou Castel, Piero Vida, Aldo Sassi, Gisella Burinato, Ghigo Alberani (Italia, 1972)
 
Straordinario viaggio allegorico alle radici ed alle motivazioni della società. In un collegio di preti, nell'anno della morte di Pio XII, separati da un semplice muro dalle immagini familiari e tranquillizzanti del traffico cittadino, degli adolescenti crescono, si formano, attendono l'istante della liberazione, dell'uscita nel mondo e nella vita.

Ma è già una visione totale della vita che Bellocchio filma nell'universo "in nuce" del collegio. In questo microcosmo allucinante, perfettamente inquadrato da una architettura espressivamente funzionale, bagnato in una luce monocroma e senza ombre, nascono gli individui di domani, i futuri padroni ed i futuri servi, i dominatori ed i deboli, gli austeri ed i viziosi, i tecnocrati ed i poeti, i razionali ed i visitatori. E su tutta questa massa abnormemente tipizzata, su questi cerchi danteschi che dal profondo delle cucine dove lavorano gli sguatteri subnormali conducono alle stanze sotto i tetti, dove i figli di papà consumano le loro manie, un leitmotiv costante: la mancanza di una speranza, di una guida, di un modello che non sia quello dell'ipocrisia, del conformismo o dell'oscurantismo.

Lo stile del giovane regista italiano, dalla personalità già profondamente marcata (pur con i suoi rinvii evidenti a Bunuel, a Fellini, a Vigo), dalla consapevolezza ammirevole dei propri mezzi serve perfettamente i fini del racconto: le immagini di Bellocchio sono di una violenza corrosiva che trova pochi riscontri nel cinema contemporaneo. Sia sotto le spoglie del sarcasmo che sotto quelle dell'indignazione, sotto quelle del disprezzo o della pietà, la visione del regista acquista un valore iconoclastico formidabile, un furore contenuto ma estremamente penetrante che traspare da ogni inquadratura. Una visione dalla quale ogni luce di speranza sembra scomparire, come la fugace speranza di rivolta del capo dell' underworld degli sguatteri del collegio.

Una visione lucida e crudele della condizione umana del nostro tempo.


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