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THE FLORIDA PROJECT Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 11 febbraio 2019
 
di Sean Baker, con Willem Dafoe, Bria Vinaite, Brooklynn Prince, Mela Murder (Stati Uniti, 2017)
 

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Perché non perdere un film come The Florida Project?  Fra le altre ragioni, poiché rappresenta un'ottima occasione per comprendere come qualcuno come Donald Trump si sia ritrovato alla presidenza degli Stati Uniti. Ma, proprio come accade nel film, meglio godersi il faceto prima del serio. E incantarsi cosi in questo splendido film sull’infanzia, prima di concedersi alle sue riflessioni sociali. Meglio accompagnarsi alla deliziosa quanto pestifera Mooney, che ha sei anni e vive in un motel di Orlando in via di disfacimento intitolato The Magic Castle Inn. Proprio perché dietro alle sue scalcinate facciate turchesi e fucsia accoglie i visitatori più improbabili del vicino Disney World.

L’autore Sean Baker non è proprio uno sconosciuto. Al festival di Sundance, nel 2015, il suo Tangerine venne accolto entusiasticamente. Succede, se non fosse che il giovanissimo regista l’aveva girato utilizzando tre I-Phone 7 plus e un budget di poco più di un milione. Un’esperienza (già seguita nel cortometraggio da Park Chan-wook nel 2011) che da allora sta tentando non pochi: da Soderbergh (il suo thriller Paranoia è già uscito in Francia) a Michel Gondry o Zack Snyder.

In The Florida Project succede anche che l’autore Sean Baker si lasci prendere per mano dalla presenza dell’attore Willem Dafoe nel ruolo del burbero guardiano di motel: tanto di guadagnato, al protagonista di tanti momenti tutt’altro che teneri riesce qui un ruolo che si carica di una umanità indimenticabile. Nella sua leggerezza, nella sua volontà di restare ad altezza innocente non proprio infantile, il film evita ogni moralismo. Realizza il suo sguardo sociale in armonia perfetta tra il sogno (che non è esattamente quello americano) e una sorta di neorealismo rivisto da una debordante estetica Disney; intrisa, come gli impossibili motel che accolgono i protagonisti, nei fucsia e turchesi che si fanno significativi.

In quella Florida dei poveracci Sean Baker riesce cosi a impregnare il suo film di una incantevole spigliatezza, trascinato com’è dalla giovane sfrontata Moonee (la straordinaria Brooklin Prince) e dal suo manipolo di amichetti. Baker si guard bene però da perdere il nord: lo sguardo incantato di The Florida Project rimane incollato alla constatazione amara di una realtà.

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Why not miss a film like The Florida Project? Among other reasons, because it provides an excellent opportunity to understand how someone like Donald Trump found himself in the presidency of the United States. But, just as is the case in the film, better to enjoy the facetious before the serious. And thus enchant yourself in this splendid film about childhood before indulging in its social reflections. Better to accompany the delightful as well as pestiferous Mooney, who is six years old and lives in a decaying Orlando motel called The Magic Castle Inn. Precisely because behind its shabby turquoise and fuchsia facades it welcomes the most unlikely visitors to nearby Disney World.

Author Sean Baker is not exactly a stranger. At the Sundance festival in 2015, his Tangerine was enthusiastically received. It happens, except that the very young director had shot it using three I-Phone 7 plus and a budget of just over a million. An experience (already followed in the short film by Park Chan-wook in 2011) that has since been tempting quite a few: from Soderbergh (his thriller Paranoia has already been released in France) to Michel Gondry or Zack Snyder.

In The Florida Project it also happens that author Sean Baker allows himself to be taken by the hand by the presence of actor Willem Dafoe in the role of the gruff motel keeper: so much to be gained, the protagonist of so many far from tender moments succeeds here in a role that is charged with an unforgettable humanity. In its levity, in its willingness to remain at an innocent not quite childlike height, the film avoids all moralism. It realizes its social gaze in perfect harmony between the dream (which is not exactly the American dream) and a kind of neo-realism revised by a debauched Disney aesthetic; steeped, like the impossible motels that welcome the protagonists, in the fuchsias and turquoises that become meaningful.

In that poor man's Florida Sean Baker thus succeeds in imbuing his film with an enchanting ease, drawn as he is by the cheeky young Moonee (the extraordinary Brooklin Prince) and her handful of cronies. Baker guards himself well from losing the north, however: the enchanted gaze of The Florida Project remains glued to the bitter realization of a reality.

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