L'interrogativo è il medesimo che si pongono tanti film di Cannes 2001: come convivere con la morte? L'elaborazione del lutto, il suo apprendistato. Il riappropriarsi della memoria: come valore che ci lega a coloro che ci furono cari. Ma, egualmente, a quella natura, a quegli oggetti, luci, atmosfere che furono loro. E delle quali i sopravvissuti continuano a nutrirsi; poiché conservano, conserveranno forse per sempre, l'energia, la carica degli affetti, l'impronta indelebile di coloro che sono scomparsi. Contenuti evidentemente elevati, non necessariamente espressi nel melodramma, nell'angoscia o nella negatività. Talvolta, addirittura con la leggerezza, la grazia, l'umorismo che sono propri della poesia. Con una densità che nasce da una tradizione culturale particolarmente vicina alla meditazione ed al soprannaturale, DISTANZA, del giapponese Kore - Eda fa percorrere ai propri personaggi un itinerario di quel genere. Dopo una strage seguita dal solito suicidio collettivo da parte degli appartenenti ad una setta religiosa, parenti e sopravvissuti ritornano, alcuni anni dopo, sui luoghi e sulle ragioni di tanta atrocità. Anziano documentarista, autore di due pellicole di straordinaria bellezza sul tema della scomparsa, del ricordo e della possibilità di materializzare queste entità cosi astratte (MABOROSI e AFTER LIFE), il regista giapponese continua la propria ricerca. Cosi simile a quella dei propri personaggi: trasposti nei confronti della propria realtà, del proprio tempo e dei propri simili. Con i quali, faticosamente, riprendono a comunicare. Composto di piani - sequenza dilatati, di pause e silenzi che si colmano soltanto nei suoni della natura nella quale sono costretti a pernottare coloro che cercano di comprendere, di affidarsi alla memoria degli scomparsi, il film è di quelli che richiede pazienza. Meno affascinante, forse meno riuscito dei precedenti, DISTANZA conferma comunque la singolarità di uno sguardo cinematografico sommesso quanto imperioso, fatto di un respiro che trasforma l'osservazione estremamente vera, naturalistica dell'universo in un paesaggio soprannaturale e altamente spirituale.