Fumagalli
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SCARY MOVIE non è proprio ciò che sembra: una di quelle parodie di genere (in questo caso l'horror) che il cinema americano predilige non solo dai tempi di Mel Brooks e degli Abrahams-Zucker. Perché, se il bersaglio sbandierato è quello ovviamente di SCREAM con la sua maschera ispirata al "Grido" di Munch destinata a terrorizzare le collegiali sexy, il film preferisce sparare più d'attorno all'impazzata. Oltre a quella del celebre trittico gore di Wes Craven (che già era una satira che mirava a smontare il giocattolo) di SO COSA HAI FATTO, a sua volta satira... di quella satira. E di MATRIX, BLAIR WITCH PROJECT o IL SESTO SENSO: tutte tappe di successi trionfali decretati dalle platee di teen-ager. Ma dal film di Keenen Ivory Wayans è del tutto assente la volontà di analisi: di entrare, sia pure con il bisturi spuntato dell'ironia, all'interno degli ingranaggi di una meccanica cinematografica. Ben più che al cinema dell'orrore si diletta ad altre urgenze: prime fra tutte quelle della libido adolescenziale. Non che gli autori si tirino indietro nel titillare i nostri: SCARY MOVIE vive su un condensato altissimo (allergici astenersi assolutamente) di campus maledetti, serial killer imbranati, universitari foruncolosi e ninfette in eccitazione: tutto un microcosmo occupato nell'organizzazione di farse regressive sul registro (occorre dirlo?) sexy-scatologico più sfrontato. Con i suoi colpi di peti e fellatio più scombiccherati che effettivamente trash, il film sembra essere nato dalla fantasia di un gruppo di ragazzini: di quelli che si ritrovano in gruppo per fare a gara nel declamare il più gran numero di sostantivi sconci e scompisciarsi dalle risate.
Malgrado queste premesse che potrebbero apparire soltanto catastrofiche il film, a modo suo, funziona. Perché, spesso, si ride (l'inizio è un seguito di trovate che si rilanciano alla perfezione); e le gag si organizzano sul filo di un entusiasmo (se non proprio un talento) grafico. SCARY MOVIE ha poi la saggezza (si fa per dire) di ristare a metà. Sfottere, anche sguaiatamente: ma senza rinunciare completamente a certe regole del gioco della paura. Cosi che, proprio come dovrebbe succedere nella parodia, lo spettatore è invitato a dissacrare; ma senza rinunciare a confrontarsi con il modello di riferimento. Nel quale, a suo tempo, si è pur sempre identificato.
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Datarecensione:
(es. 31/12/01)
Datainserimento:
(es. 31/12/01)
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