Fumagalli
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Lo stupro, l'omicidio è sotto casa, ma nessuno ha visto, o sentito. E il film, più che dell'autore del delitto, si occuperà del silenzio dei testimoni. Anche se l'epoca è quella di Vichy non è che le cose, sembra suggerire Lucas Belvaux, cineasta da sempre attento ai temi civili, siano molto cambiate. E' la legge del quieto vivere, dell'omertà alla quale è confrontato il marinaio di Yvan Attal: prima di confessare alla moglie, di ritorno da un viaggio, di aver visto, udito tutto. E di non farcela più a portare il peso del silenzio.
Il teatro della vergogna collettiva, il quartiere d'epoca e bon ton osservato dalle finestre dei vari testimoni è lo spazio nel quale il regista belga organizza la propria impeccabile visione. Anche se i dialoghi sono un poco ingessati, così che il tono arrischia a tratti di sconfinare dalla morale al moralismo, e che il progetto appaia talvolta programmato, come racchiuso fra le quattro mura nelle quali si dibattono le psicologie, la forza dell'ambiente, e il coinvolgimento di Yvan Attal e degli attori in genere conferma la sincerità che a Belvaux non fa mai difetto.
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Dall'archivio:
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Datarecensione:
(es. 31/12/01)
Datainserimento:
(es. 31/12/01)
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