Fumagalli
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La maxifedeltà all'opera letteraria non garantisce la riuscita cinematografica; parrebbe ovvio, ma quando ci stancheremo di rivendicare il solito specifico filmico? Nel primo film americano del regista australiano John Hillcoat sussistono tutte, perlomeno a livello d'illustrazione virtuosistica, le estenuanti peripezie del grande libro di Cormac McCarthy. L'immenso, e anche un po' improbabile (visto cosi) periplo di un padre sempre più malconcio assieme al figliolo malgrado tutto più possibilista attraverso una America devastata da spaventose, non meglio chiarite iatture tutte maggiori (apocalisse ecologica, autodistruzione nucleare, invasione extra galattica, a scelta).
Viggo Mortensen, sempre efficiente in questo genere di esercizi estremi è esemplare di disperata sopravvivenza; ed è proprio la sua interpretazione spaventosamente viscerale a restare impressa nella memoria. Meno, malgrado gli sforzi profusi, lo sfondo: che è quello d'uso alla INDEPENDENCE DAY, cieli plumbei dietro l'infilata di architetture metalliche fatiscenti, uccelli smilzi controluce tramortiti dalle persecuzioni digitali, natura di un prossimo futuro prosciugato fino all'ultima stilla. E residuati urbani, percorsi dagli ultimi umani, ovviamente tutti assassini spietati, a parte i nostri.
E' il discorso di sempre. La parola del libro creava metafore, inquietudini, addirittura paure; e faceva volare la nostra fantasia in mille direzioni. Tutta questa ammirevole realtà fotografica, in movimento o meno, vale ciò che vale. Impressiona, e basta.
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Dall'archivio:
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Datarecensione:
(es. 31/12/01)
Datainserimento:
(es. 31/12/01)
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