Fumagalli
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Da tempi ormai immemori il cinema si è avvicinato al mistero dell'extra-terrestre con una cautela che andava dal rispetto per il mistero del mitico Kubrick di ODISSEA NELLO SPAZIO alla simpatia condiscendente nei confronti del marmocchio infrastellare di E.T. Ora - e poiché i ragionamenti vagamente cultural-ideologici di Hollywood non sono mai disgiunti da più concrete riflessioni economiche- ci si è accorti che gli omuncoli gelatinosi tanto vale raffigurarli per come avevamo sempre temuto che fossero: aggressivi, e tutto fuorché cordiali.
Ultimo campione in data nella sempre riattualizzata competizione degli incassi MEN IN BLACK si adatta allegramente a questa nuova, più o meno spicciola, filosofia. Reazionaria? Giudicate voi. Ma che, fondamentalmente, si riassume in un sbrigativo: facciamo piazza pulita di tutto ciò che di estraneo può nuocere alla nostra tranquillità. Utile, oltre che sbrigativo: poiché autorizza tutta quella serie di tiri al bersaglio alla videogame prediletti da una buona maggioranza di teen-ager.
Che Barry Sonnefeld non fosse Tim Burton già ce lo dicevano i precedenti dell'autore di una non trascendentale LA FAMIGLIA ADDAMS. Ed il confronto fra il delirante, impietoso, furiosamente creativo MARS ATTACK! e questo MEN IN BLACK è improponibile.
Detto questo, il film mantiene ciò che promette: e lascia facilmente intuire le ragioni del suo successo. La sopravvivenza della galassia è affidata alla tradizionale coppia di sbirri, sapientemente travestiti da Blues Brothers. O, se preferite, impeccabilmente agghindati da Brook Brothers: completo yuppie prima maniera rigorosamente antracite, spalle strette, camicia bianca, cravatta strict. E se uno indossa l'incomparabile seriosità di Tommy Lee Jones, l'altro è il nero tradizionalmente scanzonato ma pure indomito Will Smith. Gli alieni sono stavolta più che mai fra noi: tanto da aver assunto ormai sembianze umane.
Gli effetti speciali sono quelli delle grandi occasioni. E, soprattutto, vince la voglia di volgere tutta l'imbarazzante tematica (che è poi la solita: porgi l'altra guancia, o spari prima che sia troppo tardi?) in gag: come quella, forse la più inedita, di un terzo grado in piena Manhattan al bulldog afferrato per il collo dall'agente FBI. Perché confessi cosa stiamo tramando i suoi colleghi extraterrestri in travestimenti vari.
Due ore di spasso assicurato. Per chi ami abbandonarsi al piacere della gag fuggente; senza troppo preoccuparsi di una vicenda più traballante del dovuto. E fracassona come altrettanto da contratto.
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Datarecensione:
(es. 31/12/01)
Datainserimento:
(es. 31/12/01)
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