Fumagalli
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René Clement ha una reputazione da difendere, il suo angolino nell'antologia dei maestri del cinema francese del dopoguerra.
Inutile pensare, quindi, che si limiti, in questa CORSA DELLA LEPRE ATTRAVERSO I CAMPI a fare un film di gangster. Ed infatti ci sono tantissime cose, nel film. Ci sono gli zingari che inseguono, dalla Camargue fino al Canada, Trintignant. Trintignant corre, corre sempre in ogni film. Alla fine si becca una coltellata sopra l'osso sacro dagli zingari, ma continua, non solo a vivere, ma a correre. Ci sono i bambini: ed i grandi, diventati gangster, che continuano a giocare come i bambini. E' la morale del film.
Poi c'è Lea Massari. Ha le occhiaie marcate, è grande amante, ma è anche italiana dal gran cuore, e buona madre. I francesi che come mamma hanno Jeanne Moreau non se la lasciano oramai più scappare. Fa le torte, alle mele e anche alle rose. Imbraccia la carabina perché sta con i gangster, ma preferisce di gran lunga fare le torte. Fa l'amore con Trintignant perché l'ha chiesto il produttore, ma si capisce benissimo che la sua gran passione sono le torte.
Poi c'è il Canada. A grandi fiumi, un sole rosso da sfuocare con il teleobiettivo che pare messo lì apposta, e molte foglie gialle e rosse per terra che sono messe lì apposta per fare capire che i gangster finiranno male per via del destino che li spinge a giocare da quando erano bambini, ma in effetti amano la vita borghese e di colori del vecchio Michigan. Poi c'è Robert Ryan: prepara il colpo perché ha la passionaccia per le corse dei cavalli, ma è buono. Lo dicono tutti nel film, e parla sempre del suo babbo nella fattoria dell'Arkansas.
Poi c'è la sorella di Mia Farrow, che si chiama Tisa. Rappresenta l'alienazione delle generazioni più giovani, per questo sembra un po' toccata. Compra i biglietti di aereo per lei e per Trintignant per scappare alla Nuova Orleans, ma si capisce subito che finirà male, per via degli zingari che non perdonano. Poi c'è l'hold-up. Sono sempre più complicati. Perché riescano, ci vorrebbe una tale concomitanza di eventi favorevoli da rappresentare una sfida alle leggi delle probabilità, lasciando perdere il buon senso. Ed infatti non riescono. Poi ci sono i personaggi del film. Siccome sono dei bambini che rifiutano di crescere è inutile farli agire in modo più o meno logico. Ed infatti sono fra gli individui più strampalati fra quelli visti sugli schermi recentemente. Ma, temo, non per le ragioni volute del regista.
Tutto questo avrebbe anche un'importanza relativa. Perché il cinema raramente, ad essere gentili, è stato fatto con degli attori, o dei personaggi, delle fotografie o degli l'hohld-up. Ma, al contrario, con un linguaggio, una visione, uno sguardo. Discutere di cinema è discutere della qualità di questo sguardo. E lo sguardo di René Clement, la qualità di questa visione che si diletta del paesaggio, certamente incantevole, di foglie e soli, vecchi cowboy e giovani playboy in giacca di velluto doppio petto, lo sguardo, dicevo è stanco, e vecchio ed accademico. E lo è sempre stato: rivediamo, a ritroso, PLEIN SOLEIL e GERVAISE e, ma si, GIOCHI PROIBITI per accorgerci che non è soltanto questione di età.
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Datarecensione:
(es. 31/12/01)
Datainserimento:
(es. 31/12/01)
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