Fumagalli
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Intuizioni commoventi (la prima parte, la sofferenza, l'assenza fisica, l'impossibilità di eliminare il ricordo): da parte di colui che è stato chiamato il regista dell'anima, il pittore dell'indicibile, rimane evidente l'arte di cogliere il riflesso rivelatore di una interiorità che ad altri sembra preclusa.
Ma mai nel cinema di Kieslowski, come in questa prima parte del trittico (il più modesto, e riuscito BIANCO è ormai nelle sale, mentre ROSSO sarà in maggio a Cannes), l'operazione sembra svelare il procedimento. Molto è sottolineato, se non compiaciuto: il solito lavoro formidabile sui suoni che dettano l'azione, ma anche l'invadenza di una musica neoclassica spaccatimpani. A tratti, l'ampollosità dell'intervento registico: il blu freddo, ovviamente, che dilaga dalla carta delle caramelle della piccina, alla stanza, alla piscina naturalmente placentaria. Il sole giallo sul viso di Juliette Binoche, mentre la vecchina piegata in due non riesce ad imbucare la bottiglia nel contenitore dei rifiuti: simbologia terribilmente sottolineata. Di colpo, in tanta preoccupazione espressiva, anche i caratteri ne risentono, e le motivazioni dei personaggi, la stessa logica del racconto: l'amico-amante musicista è sfuocato, la prostituta è una bella idea di apertura al mondo per la protagonista, ma l'episodio dello strip-tease è banale e moralista. La madre non s'impone per originalità, la stessa Binoche, per ispirata che sia, appare quasi monocorde, frenata, costretta com'è dalla prepotenza della corazza registica.
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Datarecensione:
(es. 31/12/01)
Datainserimento:
(es. 31/12/01)
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