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INDIANA JONES E IL QUADRANTE DEL DESTINO
(INDIANA JONES AND THE DIAL OF DESTINY)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 3 luglio 2023
 
di James Mangold, con Harrison Ford, Phoebe Waller-Bridge, Antonio Banderas, John Rhys-Davies, Toby Jones. (Stati Uniti, 2023)

Disponibile in streaming/VOD

 

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Quinto episodio della mitica saga iniziata nel 1981, questo Indiana Jones è il primo a non essere diretto da Steven Spielberg. Che in quell’anno lo tradusse in immagini cinematografiche da un'idea, sarà giusto non dimenticarlo, nata a George Lucas. Prima di dedicarsi alle Guerre stellari che tutti sanno. 

Da qualsiasi angolo lo si osservi, quello dell’odierno INDIANA JONES E IL QUADRANTE DEL TEMPO è un fenomeno che affonda le proprie radici nello scorrere del tempo. James Mangold ritorna ai quattro celebri antecedenti, anche con un sospetto d’impudenza. Toccando, quasi certamente per un’ultima volta, tutti i generi e gli effetti che abbiamo visto sfilare negli anni a partire dal primitivo I PREDATORI DELL’ARCA PERDUTA del 1981. Era il film che doveva consentire a Spielberg, con dietro l’angolo la mano di Lucas, di rifarsi dopo il clamoroso fiasco finanziario di “1941”.  Si trattò di un film relativamente poco costoso, 20 milioni di dollari, girato molto in fretta: in quanto il suo regista doveva dimostrare di saper fare le cose bene ed in modo celere. Non un ritorno all'avventura, non un racconto, una progressione romanzata; ma già allora piuttosto un assieme di situazioni, di momenti privilegiati. Una raccolta degli effetti grazie ai qual il cinema ha sempre rappresentato l'avventura: trabocchetti, inseguimenti, duelli, e datteri avvelenati, la bella rapita, i serpenti, l'idrovolante, il safari archeologico, il fumetto. Salgari, insomma, più Hollywood.

Ben quarantadue anni più tardi, lo Spielberg ora nelle vesti di produttore sembra guidare la mano del regista Mangold; pur sempre affidandosi a un protagonista ancora inarrivabile come un Harrison Ford nel frattempo ottantunenne... Il prologo risale allora addirittura al 1944; in un castello occupato dai nazisti dove il grande Indy, rimesso a nuovo dalle sempre più miracolose manipolazioni della tecnologia numerica, dovrà occuparsi del quadrante del titolo. Un marchingegno inventato a suo tempo da Archimede che permetterebbe fra l’ingordigia dei soliti malintenzionati  di risalire il corso del tempo.

In questo brillantissimo avvio anche se un po' tirato per le lunghe, la qualità non fa difetto; poichè James Mangold, non un genio ma un cineasta di gusto, è capace di non perdere le redini nel corso dei 142 minuti della pellicola. Un filo di malinconia e dei comprimari di classe, come la deliziosa Phoebe Waller-Bridge o il feroce Mads Mikkelsen. Permettono di far rivivere in modo genuino l’Indiana Jones apparentemente di sempre, capace di balzare dall’auto alla side-car che gli corre accanto, rifare le capriole mortali sul tetto del treno in corsa. Addirittura, fronteggiare un battaglione che gli hanno schierato di fronte.  

* Vogliate p.f. cliccare su www.filmselezione.ch per la lettura completa della raccolta di critiche cinematografiche FILMSELEZIONE di Fabio Fumagalli

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The fifth episode in the mythical saga that began in 1981, this Indiana Jones is the first not to be directed by Steven Spielberg. Who in that year translated it into film images from an idea, it is fair not to forget, born to George Lucas. Before devoting himself to the Star Wars everyone knows.

From whichever angle you look at it, today's INDIANA JONES AND THE QUADRANT OF TIME is a phenomenon rooted in the passage of time. James Mangold returns to the four famous antecedents, even with a suspicion of impudence. Touching, almost certainly for one last time, on all the genres and effects we have seen paraded over the years since the primitive THE PREDATORS OF THE LOST ARK in 1981. It was the film that was to enable Spielberg, with Lucas' hand around the corner, to make up for the resounding financial fiasco of '1941'.  It was a relatively inexpensive film, $20 million, shot very quickly: as its director had to prove he could do things well and quickly. Not a return to adventure, not a narrative, a fictional progression; but even then rather a collection of situations, of privileged moments. A collection of the effects through which the cinema has always represented adventure: pitfalls, chases, duels, and poisoned dates, the kidnapped beauty, snakes, the seaplane, the archaeological safari, the comic strip. Salgari, in short, plus Hollywood.

A good forty-two years later, Spielberg now in the role of producer seems to be guiding director Mangold's hand, while still relying on a still unattainable protagonist such as an eighty-one-year-old Harrison Ford... The prologue then goes all the way back to 1944; to a castle occupied by the Nazis where the great Indy, refurbished by the ever more miraculous manipulations of numerical technology, will have to deal with the dial of the title. A gimmick invented in his time by Archimedes that would allow the greed of the usual mischief-makers to reverse the course of time.

In this brilliant start, even if a little drawn out, quality is not lacking; for James Mangold, not a genius but a filmmaker of taste, is capable of not losing the reins throughout the 142-minute film. A thread of melancholy and classy supporting actors, such as the delightful Phoebe Waller-Bridge or the fierce Mads Mikkelsen. They make it possible to genuinely revive the seemingly all-time Indiana Jones, capable of leaping from the car to the side-car running alongside him, doing somersaults on the roof of a speeding train. Even taking on a battalion lined up in front of him.

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