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LA SCONOSCIUTA Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 1 febbraio 2007
 
di Giuseppe Tornatore, con Xenia Rappoport, Michele Placido, Claudia Gerini, Piera degli Espositi, Alessandro Haber, Margherita Buy (Italia, 2006)
 
Come qualsiasi altro, il cammino del cinema è lastricato dalle migliori intenzioni. Come non definire tali quelle di un autore che gode dai tempi di NUOVO CINEMA PARADISO di una notevole reputazione e che non girava più da sei anni, quelli di MALENA? La sconosciuta del titolo, che toglieremo progressivamente dal mistero nel quale è avvolta nella prima parte ( accettabile) del film a colpi di successivi flashback (l'inizio della fine dello stesso) è infatti una delle tante sventurate che giungono dall'Ucraina: domestica soltanto nelle prime apparenze da thriller-vendetta al quale assistiamo, ma in effetti reduce da uno di quei famigerati mercati del sesso, ai quali si aggiungono quelli ancora più efferati del traffico di neonati; il tutto sotto la regia di un rivoltante personaggio interpretato da un (eventualmente sorprendente) Michele Placido, nudo come un verme dall'epidermide costantemente oliata nell'esercizio delle proprie funzioni pseudo porno-horror.

Anche se largamente sopravvalutato specie all'estero, Giuseppe Tornatore non è il primo venuto dietro una macchina da presa: basta osservare come ambienta (con qualche sempre fotogenica tromba delle scale di troppo) le sue prime sequenze, vagamente polanskiane (memore forse di uno dei suoi film più ragionevoli e meno grandiloquenti, UNA PURA FORMALITA'), sullo sfondo inquietante di una splendida Trieste, come sfrutti le luci, i tagli delle inquadrature, l'impiego dello spazio. Il vero mistero di LA SCONOSCIUTA non diventa in seguito la soluzione di un enigma che ci viene fin troppo telefonato: ma la risposta alla domanda di come possa, un cineasta dal mestiere e dall'esperienza collaudata cadere in modo cosi imbarazzante negli eccessi ampollosi, letteralmente inguardabili che seguono. Sullo sbrodolamento musicale di un Ennio Morricone sembra ormai dimentico della meravigliosa coincidenza che aveva con il tono dei capolavori di Sergio Leone per mettersi a pasticciare l'Herrman di Hitchcock il film s'infila paurosamente per la china della supponenza melodrammatica e globulinante più fotoromanzata: prostitute violentate o nel migliore dei casi banalmente massacrate, magnaccia in fuoriserie rosse e cadaveri lividi che emergono fra i corvi dalle discariche, resti di cibo stantio ingollato direttamente e senza nessuna razione dai secchi della spazzatura, accessori porno e ninnoli kitsch fra biondine in reggiseno controluce, coppie separate e congiunti gelosi, ergo bimbe abbandonate e bambinaie incarcerate. Un macello: ma non forse come lo intendeva l'autore.


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