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CHOCOLAT Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 7 aprile 2001
 
di Lasse Hallstrom, con Juliette Binoche, Alfred Molina, Lena Olin, Johnny Depp, Judi Dench (Stati Uniti, 2000)
 
Anche un piatto scotto come quello degli Oscar può servire ad aprirci gli occhi sullo stato della gastronomia imperante. Per dirci della condizione scarsamente appetitosa, come non lo era stata da anni di quella americana, ad esempio. IL GLADIATORE, TRAFFIC, ERIN BROCKOVICH sono (in ordine di merito) buoni, ma non di certo grandi film. E che non si sia trovato di meglio da proporre la dice lunga. Ma ancora più eloquente, sul concetto che l'industria cinematografica dominante si fa del prodotto da eleggere ad esempio di ristorazione è stata la presenza fra i papabili (cinque nominations) di un budino, magari a prima vista accattivante ma a dir poco melenso come CHOCOLAT. Non è, come sempre in questi casi, che Lasse Hallstrom (autore di un largamente sopravvalutato, ma comunque ben più dignitoso LE REGOLE DELLA CASA DEL SIDRO) non fosse animato delle migliori intenzioni. Girare una bella favola con tanto di Cappuccetto Rosso (l'irriconoscibile Juliette Binoche che compare all'inizio tutta incappucciata in una notte di fiaba; prima di acconciarsi, per il resto del film di una permanente impeccabile in una mise a metà strada fra il Tirolo ed il collegio per signorine di buona famiglia), Lupo Cattivo (il sindaco bigotto che le impedirà a lungo di prodigare tutto il suo bene; ma pure lui, ci mancherebbe, alfine redento), nonnine anarchiche e nipotini precocemente dotati di talenti artistici, pecore nere o comunque smarrite.

Non è nemmeno che non tenti, quest'ennesimo immigrato ad Hollywood che si poteva anche lasciare alle sue lande nordiche di agganciare tematiche più o meno attuali (ed è evidentemente il suo lato più difendibile): l'intolleranza per il diverso, la violenza all'interno della coppia, l'ipocrisia del potere delle grandi famiglie e della chiesa. O che non si premuri di agganciare il suo film alla memoria audiovisiva: ma, suvvia, cosi platealmente al PRANZO DI BABETTE, alla caricatura del villaggio della Francia profonda, alla tradizione sul potere afrodisiaco del cacao, all'estetica pubblicitaria dell'esotismo tropicale per nescafè; o a quella per occhiali da sole firmati, che Johnny Depp si porta anche a letto, assieme alla sua chitarra doverosamente Gipsy King.


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