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L'ARTE DEL SOGNO
(THE SCIENCE OF SLEEP)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 21 gennaio 2007
 
di Michel Gondry, con Gael Garcia Bernal, Charlotte Gainsbourg, Alain Chabat, Miou-Miou (Francia, 2006)
 

Personaggio eclettico e talentuoso, regista di videoclip musicali che hanno sedotto Madonna, Kylie Minogue, Björk come il Baz Luhrmann che lo volle accanto a sè per lo splendido MOULIN ROUGE, il francese espatriato a Hollywood Michel Gondry ritorna a Parigi per girare un film che non può che essere originale come L'ARTE DEL SOGNO. E che, come succede nelle opere degli artisti che evolvono in un preciso universo poetico, non può che tentare di evolvere da quello, riuscitissimo al punto di mettere d'accordo critica e pubblico e guadagnarsi addirittura due Oscar (per la sceneggiatura e l'interpretazione di Kate Winslet) di SE MI LASCI TI CANCELLO (ETERNAL SUNSHINE OF THE SPOTLESS MIND). Nella storia certamente autobiografica del giovane illustratore ed inventore (il Gael Garcia Bernal di DIARI DELLA MOTOCICLETTA e BABEL) che sbarca a Parigi con l'ansia di conquistarsi il successo oltre che le grazie della riluttante vicina di casa (Charlotte Gainsbourg) ritroviamo quel mondo tutto particolare nel quale un artista si sforza di materializzare il proprio immaginario. Non solo eternamente in equilibrio, come si abusa di dire, fra sogno e realtà: ma in una proiezione, che non potrà ovviamente mai compiersi pienamente (ad immagine di quella sentimentale, esistenziale o professionale del protagonista), del proprio psichismo infantile.

Realtà e finzione, nel cinema di Gondry finiscono allora per far convivere due film in uno: quello della commedia sentimentale, con il tragicomico bricolage fatto dai tentativi di seduzione di un buffo sognatore che rincorre un pò lo charme alla Jean-Pierre Léaud di Truffaut. E quello della creazione onirica, che qui si vuole artigianale, fatta di materiali poveri, di trucchi alla Méliès che ancora non conoscevano la perfezione glaciale dell'epoca digitale: set televisivi con le telecamere di cartone, grattacieli di cartapesta ondeggiante, una seggiovia tra nuvole e campi da sci di cotone, barche riempite di alberi, cavalli di pezza e la trovata più semplice e seducente, l'elemento liquido amnioticamente caro alla psicanalisi ricreato con il cellophane.

Tutto ciò che comporta una bella dose di grazia e di fantasia; anche se la preziosa ma fragile alchimia fatica a raggiungere la perfezione del film precedente. Là, grazie all'apporto di un co- sceneggiatore genialmente contorto e luciferino come il Charlie Kaufman di ESSERE JOHN MALKOVICH, oltre che all'universo paradossale dell'inimitabile Jim Carrey e la fragile sensualità di Kate Winslet il labirinto cerebrale e quello fisico e stilistico sfociava nel meraviglioso. Michel Gondry è un ammirevole burattinaio che sa servirsi del giocattolo cinema: il rischio è un po' quello di finire per innamorarsi dei propri trastulli.


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