Negli anni precedenti il 2000 il Festival di Locarno rivaleggiava con la Mostra di Venezia nella rincorsa ad alcuni film. Vent'anni dopo, (fatto salvo il rispetto per l'irrinunciabile ruolo mediatico-turistico garantito alla Svizzera Italiana dal grande schermo per gli ottomila della Piazza), la constatazione non ha più alcun senso. A riprova, l’abisso verificatosi quest'anno nell'eventuale confronto fra i due film d'apertura delle manifestazioni. Modestissimo, ad essere generosi, quello a Locarno con il Magari della famiglia Elkann - Agnelli; di una leggerezza squisita nell’introspezione psicologica, nel'emozionante coinvolgimento, quello proposto sulla Laguna dalla resa degli attori in La Vérité.
Con il suo diciannovesimo lungometraggio Hirokazu Kore-Eda ha infatti sfatato una delle leggende che perdura nell'universo cinematografico: quella che condannerebbe tutte le particolarità poetiche del cinema asiatico a cadere, quando un asiatico, un giapponese in questo caso, venga a girare un film nell’assai più spiccio universo occidentale.Questa storia che letteralmente ruota attorno a Fabienne deve moltissimo alla presenza di Catherine Deneuve.; anche se la presenza per quanto straordinaria di un attore in un film (si pensi ad esempio allo Shakespeare sublime di un Laurence Olivier), non basterà mai a raggiungere il capolavoro.
Ciò detto, la stella del cinema francese illumina il film di Kore-Eda. Non più giovanissima, sommamente ammirata e rispettata dal mondo che le vive attorno, Catherine Deneuve fa suo il film dal principio alla fine. Sta pubblicando le sue memorie, quando la figlia Lumier la raggiunge da New York con il marito e una bambina: ed è subito un confronto che animerà l'intera pellicola. La rifrazione meravigliosa che ci propone l'attrice scrutata dal regista giapponese, le feroci contraddizioni del personaggio (uno dei più intimi della sua lunga carriera) ci svelano moltissimo di lei stessa. Con una tranquilla, pure tragicomica, energia che finisce per diffondersi in tutti coloro che le stanno attorno.
Certo, i nodi all'interno della famiglia; ma pure il doppiogiochismo di chi si espone sul scena, per rifugiarsi nella menzogna quando si tratta di affrontare il privato. Sono temi che appartengono da sempre al regista, ma qui si svolgono con una divertita ironia che nasce dall'incontro con Deneuve ma pure con una grande Juliette Binoche che interpreta la figlia; e il marito Ethan Hawke, lontano dai ruoli usuali.
La vérité evita così il tranello risaputo del melodramma. Induce a ricordare, ma senza la pretesa di asserire la verità del titolo. Obbligato a scegliere fra realtà e finzione Hirokazu Kore-eda opta per l'equilibrio poetico; è ciò che lo accomuna ai suoi meravigliosi attori.