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LONTANO LONTANO Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 27 febbraio 2020
 
di Gianni Di Gregorio, con Ennio Fantastichini, Giorgio Colangeli, Gianni Di Gregorio, Daphne Scoccia, Salih Saadin Khalid (Italia, 2019)
 

Una cosa è certa, Gianni Di Gregorio rappresenta un caso a sé. Non solo per il fatto di aver esordito alla regia a sessant’anni; con un film, Pranzo di ferragosto, solo in apparenza “piccolo”, subito vincitore come Migliore Opera Prima alla Mostra di Venezia del 2008. Ma per avere in seguito continuato a plasmare fino a questo suo quarto lungometraggio, lui che era stato sceneggiatore di opere imperiose come Gomorra e L’imbalsamatore di Matteo Garrone, una sua presunta modestia in un vero e proprio realismo dell’intimo.

Lontano lontano non è allora soltanto sensibile e divertente; ma vicino alla vita, oltre che alla parte più saggia dell’”italianità”. Dando talora l’impressione di riprendere certi temi cari alla gloriosa ma defunta commedia nazionale; oppure, certo più bonariamente, cari al cinema di un Nanni Moretti. Ci si diverte, e per un po' ci si obbliga anche a riflettere in questa storia di pensionati che, in una Roma giustamente vicina ai suoi aspetti più genuini, tirano a campare, nei limiti concessi da una pensione poco più che dignitosa. Un trio allegramente approssimativo, tanto da potere immaginare di moltiplicarla miracolosamente: emigrando in un’isola malgrado tutto non troppo distante, in questo caso le Azzorre, dal costo della vita e relativo carico fiscale così conveniente.  

Lontano lontano è un film che non sopporterebbe la sciagurata e sempre dilagante operazione del doppiaggio: tanto la cadenza della parlata viene a fondersi con quella della gestualità. Perde un poco della sua sorprendente freschezza avvicinandosi a una più prevedibile conclusione. Ma con i suoi protagonisti si partecipa sempre più intimamente. Ennio Fantastichini, Giorgio Colangeli, oltre a Di Gregorio stesso e a un leggerissimo quanto estremamente significativo ritratto d'immigrato si fondono allora mirabilmente nellaromanità della faccenda. Che la breve apparizione dell’incomparabile Roberto Herlitzka, caro ai Bellocchio e Sorrentino, aveva per un istante spedita oltre il gradimento della favola popolare.       

 


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