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SAMIA Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 9 gennaio 2002
 
(RIPRESA) di Philippe Faucon, con Lynda Benahouda, Mohamed Chaouch, Kheira Oualhaci (Francia, 2000)
 
Rivelazione alla sezione Cinema del Presente di Venezia 2000, ecco un film che, una volta tanto, si adatta mirabilmente al significato di una delle altrimenti casuali collocazioni della Mostra. Perché troppe poche volte il cinema, come qui, è stato capace di farsi specchio delle esigenze più urgenti ed intime del proprio tempo.

Non mancano, in questo ritratto di una giovane marsigliese di origine algerina presa tra due diversi razzismi (quello, purtroppo ovvio, da parte degli autoctoni; ma pure quello, più insolito, di un quotidiano vissuto all'interno di una famiglia tradizionalista ed intransigente) le feste tipiche della propria gente, la musica, le annotazioni umoristiche. La leggerezza, insomma, di un momento che è pur sempre quello dei giovani adolescenti che si aprono alla vita. Ma, senza rinunciare a questa grazia (che è pure molto debitrice a quella della giovane protagonista del film, Lynda Benahouda), Philippe Faucon (cineasta attento e troppo raro, che ha sempre intitolato la propria opera ai suoi personaggi femminili, Sabine, o Muriel fait le désespoir de ses parents) ha costruito un ritratto scolpito nella realtà, privo di concessioni, insolitamente concreto sulla condizione degli immigrati maghrebini e non. Sugli scontri, sulle ferite (diverse: a seconda delle generazioni, dei caratteri, delle credenze, delle psicologie) provocate negli individui da queste migrazioni brutali che segnano la nostra epoca.

SAMIA vale per la giustezza dei personaggi. Un padre, usato da una vita di fatiche, ormai dimissionario all'interno della famiglia. Un fratello maggiore, destinato a perpetrare il ruolo patriarcale di conservatore di un'autorità sempre più prevaricatoria ed egoista: più che di protettore e di rifugio. La madre, sottomessa e vittima, ma capace infine di ribellarsi ad un ordine sempre più ingiusto ed assurdo. Le sorelle, ognuna oppressa in un universo di coercizione a tratti spietato dal quale tentano di liberarsi. E tra loro Samia, viva, giovane, fragile ed aggressiva, nelle sue tenute attillate di adolescente che rifiuta di rinunciare a piacere.

Ma se il film vive per quella giustezza, e per quelle delle sue situazioni, lo deve anche ad uno sguardo registico che non è "soltanto" di tipo sociologico: che rifiuta di fare di Samia un utile, ma quasi ovvio, film a tesi. Muovendosi incessantemente dall'infinitamente piccolo di quell'universo intimo soffocante all'infinitamente grande di un condizionamento che si apre verso l'esterno (geografico, ma pure esistenziale, vista l'età delle giovani protagoniste) Faucon si muove con una precisione, un'acutezza che nulla concede all'aneddoto, al superfluo, al decorativo. Un mosaico che si aggiusta con una precisione infallibile. Guidato per tutta una serie di piccoli avvenimenti messi in scena con estremo rigore, di mini - avvenimenti che nella loro concisione ottengono un'estrema efficacia, diventa allora praticamente impossibile allo spettatore non partecipare ai mille tentativi di fuga di Samia dalla sua condizione. Di gioire con lei dei piccoli momenti di libertà: che diventano quelli di un film che di questi slanci ha fatto la propria ragione d'essere.


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