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LA BALLATA DI BUSTER SCRUGGS
(THE BALLAD OF BUSTER SCRUGGS)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 9 gennaio 2019
 
di Ethan Coen, Joel Coen, con James Franco, Bill Heck, Ethan Dubin, Bill Foster, Grainger Hines (Stati Uniti, 2018)

Nelle sale: su NETFLIX

 

Non è la prima volta che i due fratelli si confrontano con il western. C’era già stato, nel 2007, IL capolavoro ironico e disperato, forse il loro film più pessimista,No Country for Old Men. Con un poveraccio di cowboy che scopriva casualmente il favoloso malloppo, il killer psicopatico che si lanciava al suo inseguimento, lo sceriffo filosofeggiante che assisteva impotente. Quattro anni più tardi, però, Il grinta (True Grit),era già lontano dal realismo violento: al contrario, si costruiva arguto, quasi malinconico, una tenera mutazione condotta con impercettibile leggerezza di tocco.

Per comprendere una volta ancora quanto mirabilmente riesca a Joel e Ethan Coen trasformare il loro tono, ecco ora questa loro nuova ballata dedicata al West. Un’antologia di riflessioni, di progetti buttati sul fondo del leggendario cassetto nel corso degli ultimi venticinque anni: che la pellicola traduce in un vecchio libro da sfogliare, con sei storie che si susseguono pensando ai western spaghetti, a Sergio Leone ma anche a John Ford e quanti altri. Tutto ciò non ha nulla a che fare con la banalità dell'esercizio di stile; piuttosto, con una sorta di sarcasmo postmoderno. Nel quale il riso, la provocazione, il riferimento, l’assurdità dell’astrazione e il suo vago senso di mistero possono improvvisamente trasformarsi in dramma e interrogazione.

Sei frammenti, nei quali quasi non ci accorgiamo quando i protagonisti finiscono tutti per lasciarci le penne. Sei episodi che non a caso iniziano con il paradossale cowboy Buster Scruggs, il cantante che si rivelerà progressivamente giustiziere (?) inesorabile. Non tanto una contraddizione: ma il leitmotiv di un film in apparenza buffo, che si riferisce ad un’epoca nella quale le morti erano vissute con altrettanta normalità delle nascite.

Il pistolero, Il cercatore d’oro (un grande Tom Waits), il cacciatore, la diligenza assemblati così nei vari episodi rifuggono dall’esigenza di una continuità nel senso letterale. Ma mai della voglia di raccontare: nell’epoca delle interminabili serie televisive affondano, in modo sopraffino, le proprie passioni nell’amore per il cinema.


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