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LE RICETTE DELLA SIGNORA TOKU
(AN)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 6 febbraio 2016
 
di Naomi Kawase,Uchida con Kirin Kiki, Masatoshi Nagase, Kyara (Giappone, 2015)
 

Una storia piccola, quasi minimalista, un piccolo capolavoro di semplicità: l'anziana signora di un quartiere di Tokyo che risolleva le sorti malandate del chiosco di un rivenditore di dolciumi, grazie alle sue vecchie ricette di bignè alla pasta di fagioli rossi. Banalità, buoni sentimenti? Al contrario, l'arte di Naomi Kawase sembra raggiungere, ad ogni svolta, nuovi orizzonti. Della regista giapponese abbiamo conosciuto a sufficienza le opere di ricerca estetica dalla grande raffinatezza (basti pensare al precedente STILL THE WATER): per renderci conto, con questo suo AN, quanto sia grande una sua facilità nel cambiare completamente di registro. Di abbandonarsi, senza abdicare alla sua tradizionale intimità spirituale con i personaggi, a un piacere inedito della narrazione a sviluppo (quasi) lineare. A una grazia all'interno dell'osservazione più minuta che rivela, oltre al suo grande talento, una tenerezza nuova. Lontana dalle tentazioni mistiche, trascendentali che pure contribuivano mirabilmente all'identità del suo sguardo, da LA FORESTA MOGARI a STILL THE WATER. La ricettività della grande attrice Kirin Kiki, e degli interpreti tutti, rende certamente un servizio alla qualità di quella minuziosa osservazione; ma è quell'attenzione modesta per le piccole cose che finisce per assumere echi di una risonanza che si fa cosmica, il rigore che affiora dalla semplicità che ha permesso a molti di ricordare la lezione straordinaria di Ozu. Ma per chi si ostinasse a ritenere leziosa la piccola musica di Naomi Kawase ecco la svolta della favola che restituisce al contesto giapponese tutti gli aspetti di certe asperità che pure fanno parte di quella cultura: le mani deformate della vecchia signora dai deliziosi dorayakis finiscono per coincidere nella memoria della clientela con i riti della stregoneria. O, forse più prosaicamente, con l'epoca tutta da dimenticare di un Giappone che recludeva per sempre i propri malati di lebbra. Poetica cineasta della memoria, Naomi Kawase sa esserlo della società e della storia.


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