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GIORNATE DEL CINEMA SVIZZERO DI SOLETTA 1979: OSCURO OGGETTO DEL DESIDERIO
  Stampa questa scheda Data della recensione: 1 febbraio 1979
 
(1979)
 

Non si era fatta nemmeno sera, il primo giorno delle Giornate del Cinema Svizzero di Soletta, ed i sedili scomodi e scassati del Kino Scala era già stati quasi tutti riservati. Per quale ragione la gente vicina al cinema continua ad accorrere nella cittadina sull'Aar con immutato entusiasmo? Se il cinema mondiale riflette la recessione economica, quello svizzero sta ancora peggio, Basti dire che nel programma di quest'anno, riflesso abbastanza fedele di un'annata di produzione, c'era la miseria di tre soli film inediti in trentacinque millimetri. In un anno, tre sole opere di quelle che, fino a qualche anno fa perlomeno; venivano considerate di vero e serio cinema. Eppure, malgrado questa rarefazione produttiva (che si nota anche, in definitiva fra i film in sedici millimetri; soltanto al super-otto, e alla tecnica video, la platea di Soletta sembra aprire maggiore spazio), non si può dire che una visita a queste giornate sia sprecata.

La ragione sta forse nel fatto che le proiezioni solettesi sono una specie di viaggio alle origini della creazione cinematografica; una discesa nell'intimo di certe motivazioni, umane, psicologiche, espressive, tecniche che hanno condotto qualcuno ad impressionare una pellicola sensibile. Ed è un viaggio che non manca di un suo fascino del tutto particolare. Dei festival come quello di Cannes, o anche quello più limitato di Locamo, conducono inevitabilmente a considerare del cinema la parte più scoperta, la punta dell'iceberg, che è lungi, in fondo, dal dire tutto. Quanti film da meno di un milione si vedranno a Cannes? Sicuramente pochi: ed il giocattolo diviene sempre più elitario, confinato. alle possibilità di pochi. Genio, fortuna, profitto, ambizione, perseveranza che portano qualcuno dei tanti aspiranti sotto le luci dei riflettori

li cinema svizzero, ne abbiamo parlato diverse volte in passato, attraversa da diversi anni un periodo di inevitabile ridimensionamento. Dovette le proprie fortune al vicino cinema francese, che aveva dimostrato come si potessero fare opere significative con relativamente pochi soldi. Al fatto che diversi temi urgevano da anni di essere detti. E, paradossalmente, al fatto di non avere un mercato interno autosufficiente: il che creava problemi di smercio ai produttori, ma liberava il creatore dal freno espressivo di dover piacere a una, platea.

Gli entusiasmi dettati da questa situazione sono ormai tramontati. La generazione dei Goretta, Tanner e Schmid non è probabilmente col fiato corto, ma certa quello che aveva d'urgente da dire l'ha detto. E' ora di ripensamenti: che nel mondo del cinema, fascinoso e venale, non è mai un bel momento. E la seconda generazione, quella dei venti-trentenni che si vedono qui a Soletta, si trova confrontata coi problemi economici di sempre, con qualche dubbio inedito provocato da un progresso tecnico non ancora sperimentato (super /otto, video, ecc.), e con qualche tema tipico del nostro cinema (alienazione nel benessere materiale; conformismo delle nozioni di ordine, patria, famiglia; inforestieramento, problemi della vecchiaia, ecologici; abbandono delle campagne e degli alpi, ecc.), che, a torto o a ragione, può ritenersi sfruttato a dovere. Ecco quindi il fascino di Soletta.

Non ci sono i capolavori, e i santoni sono assenti. Ma osservare i primi passi, talora sconsolanti, talora ingenui, qualche volta sorprendenti di chi si avvicina al cinema con la grammatica in mano, con la mente sgombra dalla malizia del mestiere (anche se spesso con la mano goffa di chi non avrà mai nulla da dire...) può essere esperienza rivelatrice. Ci sono molti giovani, a Soletta. Forse perché, oltre la lezione dei maestri, può essere altrettanto utile ed incoraggiante lo scambio d'idee e l'osservazione delle ambizioni, delle illusioni, o anche degli errori degli altri. In questa prospettiva, le giornate solettesi rimangono un momento utilissimo.

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