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L'INTRUSA Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 13 novembre 2017
 
di Leonardo Di Costanzo, con Raffaella Giordano, Valentina Vannino, Martina Abbate, Anna Patierno (Italia - Svizzera, 2017)
 

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A Napoli, l’intrusione alla quale accenna il titolo è originata da un latitante mafioso, un killer che è appena stato arrestato. Meglio, dalle conseguenze sulla sua giovane famiglia (madre, ragazzina e neonato): che tenterà di sottrarsi alle imposizioni di una tradizione criminale, cercando rifugio nella "Masseria". Un centro di volontariato nella periferia a rischio, nato nell’intento di proteggere le giovani generazioni dalla violenza sempre latente che gravita attorno. Un compito spesso ingrato; quando le resistenze nascono, come dice il regista "quando lo spazio dei buoni viene invaso dai cattivi".

Il cinema di Leonardo Di Costanzo nasce dall’incontro tra la sua valida esperienza di documentarista (A scuola, Cadenza d’inganno) e la tentazione di costruirsene una altrettanto solida nella finzione: sfociata, nel 2012, nell’ottima riuscita di un film inventato interamente, nell’arco di una giornata, in un edificio romano in disuso. Scrivevamo allora che L’intervallo iniziava come un film alla De Sica, ma per finire a riflettere come ama Roberto Saviano. Una certa eredità del neorealismo, cioè, nella sua adesione semplice e diretta alla realtà. Ma per permettersi di sconfinare progressivamente, grazie ad una sceneggiatura assai meno statica di quanto apparisse a prima vista, in un mondo poetico più recente.

Le intenzioni non dovevano essere molto dissimili in questo suo ultimo L’intrusa. Ecco subito una sorta di (condivisibile) asprezza stilistica, come da parte di chi non vuol perdersi in futilità decorative. Egualmente, però, una certa rigidità; non sempre giustificata dalle situazioni. A cominciare da quella di una protagonista eccessivamente estranea alla ribollente realtà partenopea, la danzatrice Raffaella Giordano; così come l’esordiente Valentina Vannino, la bella, ma a dir poco scarsamente espansiva moglie del camorrista. La naturalezza dei ragazzini rappresenta al contrario una delle cose più riuscite del film; pur essendo notoriamente una delle cose più difficili da ottenere sullo schermo. Rimane il fatto che, dietro all’idealismo di certo più che difendibile della pellicola, persiste il rischio di una certa evidenza dimostrativa; a detrimento dell’emozione oltre che della creatività.

Rimane, splendida, l’attenzione all’ambiente, la generosità di uno sguardo sulla realtà che la provata esperienza di De Costanzo garantisce quando si tratta di testimoniarla. Senza dimenticare quella di un'anima portante da parte di un nativo partenopeo come quella dello scrittore Maurizio Braucci, che dal 2008 del Gomorra di Matteo Garrone cava tanti dei fili identitari della sua città.

Una volta ancora è la parte più riuscita del film, anche se pericolosamente arrischia d’ingessarsi: poiché la deve spiegare, costretto a ricorrere all’aneddoto, a una costruzione differente che appartiene all'universo della fiction. L’impaccio provocato dalla polizia, la protesta delle mamme, la costrizione ai dialoghi diluisce allora, invece che galvanizzarla, la bella emozione che altrimenti pervade L’intrusa.

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