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CRONOFOBIA Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 27 marzo 2019
 
di Francesco Rizzo, con Vinicio Marchioni, Sabine Timoteo, Leonardo Nigro (Svizzera, 2018)
 

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Cronofobia significa paura nei confronti del tempo che scorre. Quello stato, come spiega Francesco Rizzi autore ticinese al suo primo lungometraggio, che ci impedisce di assaporare gli eventi importanti della vita: sembrano scorrerci via, senza la capacità di viverli pienamente.

Cronofobia rappresenta una delle rivelazioni più sorprendenti giunte da una piccola realtà cinematografica come quella della Svizzera Italiana. Grazie a una vicenda che il cineasta riesce a scolpire in modo estremamente significativo in uno spazio al tempo stesso reale ed astratto. Un territorio che riflette certe mitiche caratteristiche nazionali; ma che si acuisce progressivamente, perdendosi nell’anonimato delle soste autostradali, le aree di servizio, i centri commerciali.Negli ambienti notturni: quelli che maggiormente si adattano all'intimità scostante dei suoi apparentemente enigmatici protagonisti, Vinicio Marconi e Sabine Timoteo, imprescindibili, splendidi elementi portanti della vicenda.

Lui è Michael Suter, solitario e all’inizio quasi inquietante viaggiatore a bordo di un furgone nel quale passa anche le notti; quando non è intento a scrutare da lontano Anna, rinchiusa nella sua villa moderna. Due solitudini, che nulla sembrerebbe avvicinare, se non la difficile comune elaborazione di una perdita che indovineremo. Ma Cronofobia non si lascia infatti facilmente spiegare, se non nel fascino dell’attenzione per l’istante presente che gli viene donato dal taglio già consapevole della regia. E dalla scrittura della sceneggiatura, sempre di Francesco Rizzi, in collaborazione con Daniela Gambaro. O, ancora, nella lucida fotografia di Simon Guy Fässler, come nello sfondo musicale creato da Zeno Gabaglio; senza dimenticare l’intuizione dietro le quinte di qualcuno che non ha mai sbagliato un colpo come Villi Hermann, qui nelle vesti di produttore.

Nella seconda parte di quel tragitto faticoso ma sempre rigoroso verso l'accettazione, la coerenza della pellicola arrischia anche qualcosa; come nelle sequenze, forse superflue, destinate a chiarire certe esitazioni, sessuali o meno, dei protagonisti. Ma, in compenso, essa ci rivela un ulteriore segreto: il proprio debito nei confronti di Nirvana, l’affascinante poema di Charles Bukowski che Tom Waits aveva reso celebre. Del film, ci fa comprendere molte cose:

Senza troppa scelta,

completamente libero da qualsiasi meta

era solo un giovane

su un bus in North Carolina

diretto chissà dove.

ma cominciò a nevicare.

Il bus allora sostò

su un bar in collina

e i passeggeri entrarono dentro.

(…)

Il cibo era

particolarmente buono

come pure il caffè.

La cameriera non era

come le donne

che aveva conosciuto,

non se la tirava

ed emanava

un’allegria naturale.

(…)

Il giovane allora

guardò la neve

attraverso i vetri,

deciso a restare

in quel caffè per sempre.

Questa curiosa sensazione

che tutto fosse bello

e fosse sempre rimasto bello

là dentro,

lo pervase.

Poi il conducente

disse ai passeggeri

che era tempo

di risalire a bordo.

Allora il giovane pensò:

"rimarrò qui

rimarrò proprio qui."

Ma poi si alzò

e seguì gli altri

nel bus.

(…)

_________________________________________________________________________

Chronophobia means fear of time passing. As Francesco Rizzi, the Ticino-born author making his first feature film, explains, this state of being prevents us from savouring life's important events: they seem to pass us by, without the ability to experience them fully.

Cronofobia is one of the most surprising revelations to come from a small film industry like that of Italian Switzerland. Thanks to a story that the filmmaker manages to sculpt in an extremely significant way in a space that is both real and abstract. A territory which reflects certain mythical national characteristics; but which gradually becomes more acute, losing itself in the anonymity of motorway stops, service areas, shopping centres. In the night-time settings: those which best suit the discordant intimacy of its apparently enigmatic protagonists, Vinicio Marconi and Sabine Timoteo, indispensable, splendid supporting elements of the story.

He is Michael Suter, a solitary and at first almost disturbing traveller in a van in which he also spends his nights; when he is not intent on scrutinising Anna from afar, shut away in her modern villa. Two lonelinesses, which nothing would seem to bring together, if not the difficult common elaboration of a loss that we will guess. But Chronophobia is not easily explained, if not in the fascination of the attention for the present moment that is given to it by the already conscious cut of the direction. And the screenplay, also by Francesco Rizzi, in collaboration with Daniela Gambaro. Or, again, in the lucid photography by Simon Guy Fässler, as in the musical background created by Zeno Gabaglio; without forgetting the behind-the-scenes intuition of someone who has never missed a beat like Villi Hermann, here in the role of producer.

In the second part of that arduous but always rigorous journey towards acceptance, the film's coherence also risks something, as in the perhaps superfluous sequences intended to clarify certain hesitations, sexual or otherwise, of the protagonists. But on the other hand, it reveals another secret: its debt to Nirvana, the fascinating poem by Charles Bukowski that Tom Waits made famous. Of the film, it makes us understand many things:

Without too much choice,

.....

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