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LUCKY Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 29 ottobre 2017
 
di John Carroll Lynch, con Harry Dean Stanton, David Lynch (Stati Uniti, 2017)
 

Lucky, che avrebbe meritato l’oro del Festival di Locarno 2017 al posto del sensibile ma clamorosamente elitistico Mrs. Fang di Wang Bing, è pure a suo modo un film piccolo; non è però solo toccante, ma universale e prezioso. Non fosse che per costruirsi, oltre che grazie ad una estetica più che coerente, sulla presenza di tre personalità non indifferenti.

La prima è quella della ragione d’essere dell’operazione, Harry Dean Stanton. Straordinaria icona del cinema moderno, scomparsa poche settimane dopo la proiezione locarnese, presenza indimenticabile in Paris, Texas di Wenders, Il padrino di Coppola, Cuore selvaggio, Twin Peaks o Una storia vera di David Lynch, per non citare che pochi frammenti di una filmografia imponente. Lucky è allora solo in apparenza la ricreazione di un mito ben noto come quello del western, fatta di distese polverose, cactus e saloons. Ma è il profilo accurato e commovente, anche se pacato e quasi noncurante, di un’icona che si è nutrita di quell’America. Stanton “è” Lucky.

Un novantenne ritiratosi in una cittadina solitaria, con il deserto attorno: silenzioso e un po' melanconico, ma mai privo di un humour tutto suo, con le sue giornate a colpi di sigarette, quiz televisivi e le serate al pub. Un quotidiano cosi normale; ma da parte di un vecchietto che non è mai banale. Poiché ricalcato su una memoria ormai mitica, quella cinematografica alla quale ad ogni istante ci rimanda.

Due altre personalità servono allora ad incorniciare quella del protagonista: i due Lynch, che in comune non hanno che il cognome. Anche se il ruolo d’attore del grande David regista è breve, esso serve perfettamente a farci comprendere perché la sua inimitabile poetica surreale si sia amalgamata così spesso e felicemente con quella di Dean Stanton. Fra i due imprevedibili giganti, John Carroll Lynch riesce perfettamente a non perdere la rotta: non una sciocchezza, per l’’ultracinquantenne attore del Zodiac di Fincher qui alla sua prima regia.        

 

 

   


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