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L'INGANNO
(THE BEGUILED)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 25 settembre 2017
 
di Sofia Coppola, con Colin Farrell, Nicole Kidman, Kirsten Dunst, Elle Fanning, Oona Laurence (Stati Uniti, 2017)
 

L’ultimo film della figlia del grande Francis vive d’indubbia intelligenza, cura e talento espressivo; quasi frenando quand’è il momento di esplodere. Come è capitato sovente nella carriera dell’autrice di Lost in Translation, dopo il suo splendido esordio nel 2000 con Il giardino delle vergini suicide.

A sua scusante, una premessa va fatta. La regista doveva girare una versione ispirata alla fiaba di Andersen La sirenetta: quando, alla Universal, si opposero all’idea di Sofia Coppola di affidare il ruolo di protagonista a una sconosciuta. La scelta cadde allora su un compromesso, accettato da entrambe le parti e certo di lusso: un cast stellare, con Nicole Kidman, Colin Farrell, Kirsten Dunst e Elle Fanning. Ma un progetto minato, però, dal vizietto sempre più caro a Hollywood, quello del remake che permette di andare più o meno sul sicuro, in epoca non certo facile com’è l’attuale.

Solo che The Beguiled (un inganno, in inglese; ma successivo ad un’opera di seduzione) è stato un capolavoro: girato nel 1971 da Don Siegel, effettivamente deludente al botteghino, ma interpretato da un Clint Eastwood clamoroso quarantenne con il titolo italiano di La notte brava del soldato Jonathan. Certo, l’idea di Sofia Coppola era di girare con occhio femminile la vicenda del soldato nordista, ferito durante la guerra di Secessione, che viene accolto in terra sudista, curato e concupito dalle ospiti giovani (e meno giovani) di un collegio preservato dalla violenza dilagante all’esterno.

Certo, le intenzioni della regista erano quelle di porgere il proprio sguardo raffinato, moderno, ironico nell’osservazione di altre epoche su un microcosmo che muterà presto in scabroso e soprattutto ambiguo. Di evadere dal contesto puro e semplice dell’aneddoto romanzato nel 1966 da Thomas Cullinan per inserirlo nella preziosità delle illuminazioni interne e nello splendore del paesaggio ottocentesco esterno. Tutto carpito da un direttore della fotografia come il Philippe Le Sourd di Ridley Scott e Wong Kar-wai.

Sono raffinatezze che devono aver valso a L’inganno il Premio alla Regia di Cannes. Ma rimane il fatto che la volontà di Sofia Coppola di sfociare in una femminilità maliziosa, nell’ironia di certe situazioni, finisce per dissolversi in una diffusa anche se impeccabile superficialità. Nel ricordo dell’impronta prepotente, equivoca, a tratti quasi malsana che permeava il film di Don Siegel. Con tutta la cattiveria furba del suo sguardo destabilizzante, il ruolo politico della schiava di colore incaricata delle faccende più penose, scomparso dalla nuova versione. Al personaggio interpretato da Clint Eastwood, seduttore prima ancora di essere manipolatore, riusciva tutto quanto finisce ora per stemperarsi in quello di Colin Farrell. Sofia Coppola deve probabilmente aver ritenuto misogIno il film di Siegel. Non ha forse del tutto torto: ma dietro le sue splendide apparenze il suo film ha arrischiato di perdersi.


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