Una meravigliosa Marion Cotillard si porta letteralmente addosso (ma con lei tutti gli attori; Nicole Garcia li dirige tradizionalmente molto bene) questa storia, romantica, un po' eccessiva ,ma in definitiva avvincente di Gabrielle. Figlia della piccola borghesia agricola che nel sud della Francia assume gli stagionali spagnoli per raccogliere la lavanda, Gabrielle non è normale. Perlomeno, non agli occhi degli abitanti del villaggio; ma, pure in famiglia, è considerata più o meno folle. E discretamente erotomane.
Dandola in moglie ad uno degli operai (siamo negli Anni Cinquanta) si è convinti di farne una persona "rispettabile". Ma la febbre di Gabrielle è di un altro genere. Sta dalle parti dei sogni. Che, nel corso di un soggiorno in un sanatorio svizzero per la cura di calcoli (eccolo, ill male di pietra del titolo) ,finiranno per identificarsi in un giovane luogotenente reduce dalla guerra in Indocina.
Senza Marion Cotillard, senza la sua impressionante fisicità, senza la commovente aspirazione all'impossibile che si nasconde dietro la sua sensualità,di questo film si potrebbe parlare come di un sapiente (nella sua forma), un po' invadente romanzone.
Ma sono proprio gli snodi romanzati della pellicola, quelli destinati a far progredire una vicenda al contrario tutta interiorizzata; a banalizzarne l'anelito poetico o l'esame psicologico. Con il film che intanto vive di tante presenze: l'ambiente e, appunto, Gabrielle.