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MARGIN CALL Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 22 febbraio 2016
 
di J.C. Chandor, con Kevin Spacey, Jeremy Irons Aasif Mandvi, Demi Moore, Ashley Williams, Paul Bettany, Stanley Tucci (Stati Uniti, 2011)
 

Opera prima di un regista che si sta affermando fra i più brillanti del panorama americano contemporaneo, girata con pochi soldi, su un soggetto non proprio spettacolare (ma che ci concerne tutti) come la crisi dei subprime: non fosse che per questo, MARGIN CALL è un film da non perdere assolutamente. Inizia come un thriller, con i tempi che si stirano nella notte di Wall Street, nel grattacielo ormai deserto, solo gli schermi dei computer ancora accesi: con un ultimo trader insonnolito che osserva ancora il proprio, sbalordito, quindi terrorizzato. Con il senno di poi, lo spettatore ne è vagamente cosciente: siamo a 24 ore dallo scoppio della crisi finanziaria dell'ottobre de 2008, quella che rappresenterà un dramma per milioni di persone. A qualche anno di distanza, iniziamo pure a comprendere quanto rari siano stati i film che abbiano avuto finora l'ardire di frugare fra le pieghe più o meno chiarite della bolla immobiliare creatasi negli Anni 2000. Alcuni documentari, come INSIDE JOB di Nicolas Winding Refn, CLEVELAND CONTRO WALL STREET del nostro Jean-Stéphan Bron. Poche fiction, il discutibile WALL STREET di Oliver Stone, IL LUPO DI WALL STREET (non il miglior Scorsese) o il recente, finalmente incisivo, LA GRANDE SCOMMESSA di Adam McKay. Ma le 24 ore claustrofobiche di MARGIN CALL, la progressione drammatica nella quale un pugno di (ir-)responsabili cerca disperatamente, in tempo reale, di salvare i propri guadagni (piuttosto che le perdite dei milioni di cui sopra) in uno scontro avvolto da strategie e terminologie da para stregoneria rappresenta un primo, sorprendente tentativo. Quello di penetrare, con fantasia documentata, nell'antro indecifrabile e ritenuto comunque da sempre azzardato dell'alta finanza: denunciando l'avidità di un sistema che ancora non ha cessato di coinvolgerci, il cinismo di caste ritenute intoccabili. Senza partire banalmente alla ricerca del colpevole di turno, sulla traccia di una sceneggiatura impeccabile che mira al sistema, l'apporto al solito formidabile della manciata d'attori che circondano Kevin Spacey fino allo sbarco dell'inquietante patron Jeremy Irons, il film è come un blocco di situazione più o meno ermetiche; ma racchiuso in un involucro che si fa rivelatore, e del quale subivamo soltanto l'ambiguità del mistero.


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