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MOLLY'S GAME Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 30 aprile 2018
 
di Aaaron Sorkin, con Jessica Chastain, Idris Elba, Kevin Costner, Michael Cera (Stati Uniti, 2017)
 

Il gioco cui si riferisce il titolo di Molly’s Game è quello di una campionessa nascente di freestyle sugli sci che, in seguito ad alcuni incidenti drammatici, decide di cambiare vita e di trasferirsi dal Colorado a Los Angeles. Si allontana cosi da un genitore alquanto caporalesco, mentre rinuncia nel contempo d’iscriversi ad Harvard: per organizzare invece un giro clandestino di giochi d’azzardo, destinato agli uomini d’affari e le celebrità locali.

Finirà per materializzarsi, questa serie in apparenza brillante di giochi costantemente sopra le righe, in una delle bische più note degli Stati Uniti. Frequentata, tra gli altri, dalle mafie di mezzo mondo, condurrà otto anni più tardi all’arresto di Molly da parte dell’FBI.

Una vicenda autentica, tratta dall’autobiografa della magari simpatica ma ovviamente spregiudicata protagonista, che non poteva non sollecitare l’attenzione di Aaron Sorkin. Sceneggiatore fra i più grandi del cinema contemporaneo, osservatore da sempre attento alle derive che si nascondono alle spalle del Sogno americano. Fra le tentazioni per le vie di fuga dalla legalità e dalla moralità offerte da quel grande mito americano; finalizzate, come no, alla sfrenata rincorsa del denaro.

Nel corso dei suoi script sempre acuti, Aaron Sorkin ha da sempre indagato quei percorsi, grazie alla sagacia raffinata con la quale ha costruito la propria fama. Nel Mark Zuckenberg del magnifico The Social Network di David Fincher, come nello Steve Jobs del film omonimo diretto da Danny Boyle. Ma, già da esordiente, quando nel 1992 adattava la sua pièce teatrale in Codice d’onore; nel 2007 di La guerra di Charlie Wilson di Mike Nichols, o quattro anni dopo nel mondo dello sport di Moneyball – L’arte di vincere per la regia di Bennett Miller.

Ora cinquantasettenne, Sorkin per la prima volta anche regista, avvicina al suo uso magico e celebrato della parola quello che talvolta può risultare ancora più insidioso, l’accostamento all’immagine. E i risultati sono altalenanti. Incalzante fino ad essere precipitosa, l’illustrazione della parte iniziale che vogliamo definire sportiva rassicura sulle ambizioni della pellicola. Anche perché suggerisce l’apparizione di colei che risulterà il vero motore dell’intera operazione, una difficilmente dimenticabile , contraddittoria Jessica Chastain.

La rivedremo infatti in tre tempi diversi, ma a loro modo classici: al momento del suo arresto fino a quelli del processo, quindi nel corso degli anni della sua discutibile quanto imperiosa ascesa fra i tavoli da gioco. E pure (dietro la prolungata, sontuosa esibizione di scollature e minigonne) la contraddittoria, ma quanto efficace esposizione dei vari aspetti del personaggio: che rifiuterà sempre di denunciare i nomi dei suoi celeberrimi frequentatori, assumendo cosi di persona le responsabilità di chi ancora osa affidarsi agli ambigui incerti del Sogno. Tutto questo in un film troppo lungo e soverchiato dalla parola: ma sono rischi utili da correre, quando al regista sbiadito si preferisce lo sceneggiatore spericolato.


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