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TORNERANNO I PRATI Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 13 febbraio 2017
 
di Ermanno Olmi, con Claudio Santamaria, Alessandro Sperduti, Francesco Formichetti (Italia, 2014)
 

Una delle cose più significative dell’ultimo film di Ermanno Olmi è il suo titolo. La guerra, ci dice, è una delle piaghe che sembrano accompagnare l’umanità da sempre; ma con un aspetto che sembra sommarsi all’ineluttabilità della tragedia, l’ipocrisia che l’avvolge. Quella che, non appena ricomparsa la pace, dimentica ogni orrore e ingiustizia, cancella l’imposizione dei tanti valori fasulli. Mentre l’erba ritorna sui prati.

Nella trincea della Prima Guerra Mondiale scavata sotto metri di neve, nell’avamposto che il caso ha situato a pochi metri da quello austriaco, sono ovviamenti i poveracci - ormai rassegnati al suicidio annunciato da ordini lontani e assurdi - le vittime predestinate di un concetto di patriottismo che l’autore di L’albero degli zoccoli ha generosamente definito "un malinteso". Ma se l’ultimo dei grandi anziani del cinema italiano traduce l’infamia della trappola in un lento, sontuoso kammerspiel girato fra i meandri sgocciolanti di un buco sepolto sotto il biancore abbagliante dell’altopiano di Asiago, è in un’altra dimensione del dramma che Torneranno i prati lascia l’impronta.

Non tanto, nel generoso antibellicismo degli aneddoti; gli stessi che il cinema, dal Kubrick di Orizzonti di gloria al Malick di La sottile linea rossa ha magnificato da sempre. Non solo, l’intreccio degli sguardi persi nella disperazione, i mormorii incessanti, l’ ipnotica follia dei soliloqui colti ai confini dell’accademismo. Ma anche un martirio che, assieme a quello degli uomini, è assunto dalla natura; annientata assieme agli alberi circostanti che garantivano una parvenza di serenità ai reclusi; al mondo animale che, malgrado la devastazione delle bombe, proseguiva nel proprio eterno rituale.

La fine della montagna tanto amata da Ermanno Olmi dopo l’abbandono della pianura padana che lo aveva reso celebre, diventa allora la scomparsa di un ordine morale. In un processo di astrazione, altrettanto significativo di ogni realtà, che ricorda quello creato nel 1995 da Aleksej Sokurov all’interno delle trincee in Tadjikistan nell’indimenticabile La voce dell’anima.


   Il film in Internet (Google)
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