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ULTIMI BAGLIORI DI UN CREPUSCOLO
(TWILIGHT'S LAST GLEAMING)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 5 gennaio 2019
 
di Robert Aldrich, con Joseph Cotten, Richard Widmark, Burt Lancaster, Charles Durning, William Marshal (Stati Uniti, 1977)
 

Robert Aldrich, lo abbiamo definito in passato come uno degli avventurieri di Hollywood; il risultato di una cultura e di un sistema che altre scuole cinematografiche non potrebbero mai proporre. E cosi personaggi come Sam Fuller, Don Siegel, Sturges, Fleischer e Brooks,Sam Peckinpah, Winner o Tom Gries.

Aldrich è un avventuriero non tanto per il suo modo di vivere, ma per la natura della propria opera che ne è probabilmente uno specchio assai fedele. Per l'incostanza dell'ispirazione, la facoltà di adattarsi alle mode, la violenza, il gusto per il barocco e per il decadente, il carattere reazionario, il piacere del melodrammatico, delle situazioni eccessive e abnormi, lo stile convulso e aggressivo. Tutto risulta latente nel film, ma una delle qualità di ULTIMI BAGLIORI DI UN CREPUSCOLO consiste in un autocontrollo stilistico che finisce per sottolineare le qualità di uno sguardo registico. Non che i contenuti di TWILIGHT'S LAST GLEAMING siano esenti da certe ambiguità ideologiche che da sempre hanno convissuto con l'indubbia qualità del cineasta. Ma le prime prendono qui decisamente il sopravvento.

Ex generale dell'aviazione (un Burt Lancaster utilmente a contro impiego) s'impadronisce di nove missili nucleari conservati (piuttosto approssimativamente) in una base militare: avrà di conseguenza buon gioco nei suoi tentativi di ricattare il Presidente. Girato a poca distanza dalla ferita nazionale del Vietnam il film si regge sulla recitazione di un cast notevole. Mentre Aldrich asseconda il gioco pericoloso con un uso di certo più geniale che semplicemente disinvolto dello split screen, la tecnica che permette di suddividere lo schermo in molteplici visioni .

Lungi dall'apparire un passatempo inutile la continuità di queste sovrapposizioni finisce allora per riassumere alla perfezione le intenzioni del film, la sua volontà di denunciare l'ambiguità e la confusione del calcolo politico e personale delle due parti. Le immagini del film, condizionate dalla pluralità di quella particolare visione, finiscono, più che i suoi stessi accadimenti, per assumere una loro forza ipnotica nei confronti dello spettatore. Oltre, naturalmente, di quelle pedine sempre più scompagnate in un gioco che il cineasta denuncia con la rabbia che lo contraddistingue da sempre.


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